Non ho mai amato la proliferazione di riedizioni degli album storici: troppo spesso sono operazioni cosmetiche, più commerciali che musicali. Wish You Were Here 50 dei Pink Floyd, però, fa eccezione. Qui la ricorrenza non è un pretesto: l’album del 1975 torna in una forma che rispetta il passato ma aggiunge elementi realmente significativi, tali da giustificare questa nuova veste.
Oltre alla qualità sonora migliorata — più limpida nelle parti più rarefatte e più corposa nei crescendo strumentali — l’edizione introduce alcune novità che arricchiscono l’esperienza d’ascolto, senza snaturarla. Il mix aggiornato mette in risalto dettagli prima nascosti: le microtexture elettroniche di Wright, i riverberi della chitarra di Gilmour, persino certe sfumature percussive di Mason che nelle edizioni precedenti restavano sullo sfondo.
Ma c’è di più. L’edizione include anche una serie di materiali contestuali che aiutano a riascoltare Wish You Were Here con orecchie nuove. I demo preliminari e le sessioni di studio selezionate rivelano il percorso creativo della band: si percepisce il lavoro di rielaborazione, le variazioni minime che hanno portato alla forma definitiva dei brani, la costruzione graduale delle due sezioni di Shine On You Crazy Diamond. A ciò si aggiungono alcune outtake e versioni alternative che, pur non rivoluzionarie, illuminano lati nascosti dell’album.
Completano l’operazione un booklet ampliato con fotografie d’epoca e una serie di note critiche nuove, più attente al contesto storico e al legame affettivo con Syd Barrett. Non si tratta quindi del classico box traboccante di memorabilia inutili, ma di un percorso curato che invita a riascoltare un capolavoro con maggiore consapevolezza.
In questo senso Wish You Were Here 50 non è soltanto una riedizione: è una riscoperta. Un modo per ritrovare un album che, mezzo secolo dopo, continua a parlare con una chiarezza che commuove.
