C’è un dato che la comunità internazionale fatica ormai a ignorare: Donald Trump non è soltanto un presidente imprevedibile. È, molto più semplicemente, un pericolo globale. La sua maldestra presenza costante al centro della scena sta incrinando gli equilibri internazionali, alimentando instabilità, normalizzando il ricatto politico e incoraggiando i peggiori impulsi autoritari in ogni angolo del pianeta.
Trump non è mai stato un uomo di Stato. È arrivato alla politica trascinandosi dietro un passato che definire opaco è un eufemismo: una lunga scia di bancarotte e imprese fallite spacciate per successi, accuse di truffa culminate in condanne civili come nel caso della “Trump University”, e un celebre giudizio del tribunale nello Stato di New York che lo ha ritenuto responsabile di violenza sessuale su E. Jean Carroll. A ciò si aggiungono decenni di comportamenti discutibili, relazioni quanto meno imbarazzanti e quell’ostentata volgarità che ha sempre accompagnato la sua immagine pubblica.
Eppure il punto non è nemmeno questo. Non è tanto l’uomo — con il suo passato torbido e i suoi vizi esibiti — quanto il ruolo che oggi esercita. Non è “l’uomo più potente del mondo”, formula che ormai dice poco. È piuttosto l’uomo più pericoloso del mondo: istintivo, rancoroso, guidato dall’ego più che dalla ragione, circondato da adulatori invece che da consiglieri. Uno che agisce come se la complessità del pianeta fosse un gioco di società e la diplomazia una puntata del suo vecchio reality.
Il problema è che questo gioco ha conseguenze reali. Sulle alleanze internazionali che vacillano. Sulla fiducia tra Stati che si sgretola. Sulla sicurezza collettiva che si assottiglia ogni giorno di più. Il suo disprezzo per l’Europa, la sua fascinazione per i leader autoritari, la sua incapacità di distinguere la politica dalla vendetta personale: tutto questo sta erodendo, pezzo dopo pezzo, l’ordine mondiale costruito negli ultimi settant’anni.
La domanda che rimbalza da una capitale all’altra è sempre la stessa: quanto potrà ancora durare? E soprattutto: quanto potrà ancora danneggiare? Perché il timore, sempre più diffuso, è che non siamo davanti a un semplice presidente mediocre, ma a un detonatore ambulante. Uno che, nel suo stato mentale sempre più instabile e ossessivo, può incendiare interi scenari internazionali nel giro di un tweet.
E forse è proprio questa la nostra tragedia: il mondo non è mai stato così interconnesso, fragile, vulnerabile. E mai, davvero mai, ha dovuto fare i conti con un uomo tanto imprevedibile quanto pericoloso seduto su una tale quantità di leve del potere.
