C’è un filo nero che unisce le destre sovraniste di mezzo mondo: il negazionismo climatico. Un misto di ignoranza, cinismo politico e miope calcolo elettorale che continua a minimizzare, distorcere o ridicolizzare quella che è la più grande emergenza del nostro tempo.
E in prima fila, come sempre, c’è il solito Trump, che con il suo repertorio di bugie, complottismi e slogan vuoti ha ormai trasformato l’attacco alla scienza in un marchio di fabbrica.
Il problema è che questa ostinata cecità non resta confinata nei comizi o nei tweet. Produce danni reali. Danni enormi. Perché ogni volta che un governo sovranista smantella politiche ambientali, taglia investimenti sulle energie rinnovabili, riabilita carbone e petrolio, o semplicemente nega l’evidenza, il pianeta paga il prezzo. E lo paga subito: ondate di calore estreme, incendi devastanti, alluvioni sempre più frequenti, intere regioni destinate a diventare inabitabili.
Trump e i suoi emuli europei non stanno solo prendendo una posizione politica: stanno mettendo a rischio il futuro di tutti. Preferiscono inseguire nostalgie industriali e rassicurare lobby potentissime piuttosto che affrontare la realtà. E il risultato è un mondo più instabile, più fragile, più ingiusto: un mondo dove i più vulnerabili saranno i primi a cadere.
Denunciare questo negazionismo non è più una scelta: è un dovere civile. Perché dietro ogni slogan sovranista contro la fantomatica “dittatura green” si nasconde un domani più nero. E perché la verità, per quanto scomoda, è già qui: il cambiamento climatico non aspetta le elezioni, non fa prigionieri e non perdona la stupidità del potere.

