L'annuncio di un nuovo Sandokan aveva acceso le speranze di rivedere sul piccolo schermo il fascino esotico e l'avventura indomita del personaggio di Emilio Salgari, reso immortale dal mitico sceneggiato del 1976, diretto con maestria da Sergio Sollima.
Purtroppo questa riedizione si rivela un'occasione mancata, un kolossal senz'anima che tradisce l'eredità del suo predecessore, salvando solo, per un soffio, qualche elemento tecnico e una performance attoriale inaspettata.
L'unico raggio di sole: Alessandro Preziosi è Kammamuri (o forse il vero Sandokan)
L'unica, vera scintilla di interesse in questa produzione soporifera è offerta da Alessandro Preziosi nel ruolo di Yanez de Gomera (interpretato da Philippe Leroy nello storico sceneggiato di Sollima).
Preziosi, con la sua presenza scenica intensa e lo sguardo ironico, conferisce al personaggio spessore e simpatia.
La Perla senza lucentezza: Lady Marianna
Se Preziosi è l'inattesa salvezza, l'interpretazione di Lady Marianna, la Perla di Labuan, è il punto più debole e francamente imbarazzante dell'intera serie.
L'attrice scelta per il ruolo che fu dell'incantevole Carole André, Alanah Bloor, manca clamorosamente di quel mistero, quello charme e quello spessore aristocratico necessari per giustificare l'ossessione dei suoi pretendenti. Invece di una donna affascinante, eterea e consapevole della propria bellezza e del proprio ruolo, ci troviamo di fronte a una figura che appare sbiadita, priva di pathos e incapace di trasmettere quel fuoco interiore che dovrebbe muovere la trama. Le sue scene con il protagonista mancano totalmente di alchimia; sembrano più incontri formali che il fiorire di una passione travolgente. È una performance che svuota il cuore emotivo della storia, rendendo l'intero intreccio romantico banale e irrilevante.
I meriti tecnici: occhi pieni, mente vuota
Va riconosciuto un plauso alla cura estetica della produzione. Le scenografie sono indubbiamente sontuose e dettagliate, capaci di ricostruire un Borneo credibile e lussureggiante. Anche la fotografia è di alto livello, con colori caldi e inquadrature ampie che valorizzano gli sfondi esotici.
Tuttavia questi elementi restano una bellissima cornice per un quadro sorprendentemente vuoto. La regia è lenta, quasi soporifera, e le sequenze d'azione, quando arrivano, sono spesso faticose da seguire. Il ritmo è costantemente penalizzato, e l'avventura, che dovrebbe essere il cuore pulsante del racconto, si dissolve in dialoghi prolissi e una messa in scena ingessata.
Una serie deludente
Il nuovo Sandokan è un'operazione indubbiamente sontuosa, ma che non riesce a catturare la magia dell'originale né lo spirito di Salgari. È un peccato che, di fronte a scenari mozzafiato e a un Preziosi in stato di grazia, il risultato complessivo sia un'opera fredda e priva di carisma.
