Ci sono gruppi che non si limitano a suonare: trasformano la musica in un’esperienza. Emerson, Lake & Palmer erano così — tre personalità enormi, quasi debordanti, tre talenti che insieme crearono un suono che sembrava provenire da un altro pianeta.
Riascoltandoli oggi, si rimane colpiti da quanto fossero audaci e visionari: tastiere impazzite, orchestrazioni sinfoniche, batteria pirotecnica… eppure, nel cuore di tutto, c’era sempre la melodia. Merito fondamentalmente del contributo del bassista e chitarrista Greg Lake, voce celestiale proveniente dai King Crimson.
Forse è per questo che il mio brano preferito di EL&P resta Lucky Man: una canzone semplice e perfetta, con la voce malinconica di Greg Lake e quell’assolo pazzesco di Moog finale che ancora oggi fa venire i brividi (ascoltatelo in cuffia, per godere appieno dell’effetto stereo, con il suono che viaggia tra il canale destro e il sinistro).
È lì che si concentra tutta la loro magia: emozione e tecnica, poesia e sperimentazione.
Emerson, Lake & Palmer, alfieri del prog più barocco e pirotecnico, sapevano essere smisurati e teatrali, ma anche profondamente poetici. Lucky Man è la loro anima nuda: una ballata che parla di destino e fragilità, chiusa da un lampo di pura avanguardia. Ogni volta che la ascolto penso che nessuno, dopo di loro, ha più suonato così — con quella miscela di genio, arroganza e meraviglia.
Un piccolo miracolo degli anni ’70, che suona ancora oggi incredibilmente vivo: 🎶 “He had white horses, and ladies by the score…”