lunedì 15 luglio 2024

Trump, da "presidente pazzo" a martire


L'attentato a Donald Trump di venerdì scorso rappresenta il tragico culmine di un clima di violenza che ha caratterizzato fin dagli inizi la sua ascesa politica prima e la sua presidenza dopo. L'ex "Presidente Pazzo" Trump è infatti solito ricorrere a una retorica tanto grossolana e infuocata quanto divisiva, che trae la sua forza alimentando tensioni sociali e politiche. 

L'ignobile assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 è stato uno degli episodi più drammatici di questo clima, con sostenitori radicalizzati che hanno preso d'assalto il cuore della democrazia americana, ispirati e incoraggiati dalle sue deliranti parole.

Ora, con l'attentato contro di lui, si evidenzia come la violenza, una volta scatenata, possa facilmente sfuggire al controllo e rivolgersi contro chi l'ha fomentata. Questo tragico evento dovrebbe servire da monito su quanto sia pericoloso alimentare l'odio e la polarizzazione, dimostrando che il linguaggio violento può avere conseguenze devastanti non solo per la società nel suo insieme, ma anche per chi lo utilizza come strumento politico.

Purtroppo, politicamente, l'attentato potrebbe giovare alla sua campagna elettorale. La vittimizzazione e il martirio esibito come una bandiera potrebbero rafforzare la sua base di sostenitori e generare un'ondata di solidarietà e supporto. 

Non a caso, appena ferito, Trump ha già incitato nuovamente alla violenza, gridando «Fight!» più volte. Questo comportamento rischia di perpetuare il ciclo di violenza e odio, evidenziando ancora una volta i pericoli di una retorica incendiaria e irresponsabile.



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