giovedì 18 settembre 2025

L’ultima edicola

Vedere un’edicola che chiude è ormai diventata un’abitudine amara. Serrande abbassate, cartelli “cedesi attività”, edicole che spariscono dalle piazze e dalle strade. Non solo nelle grandi città, dove perfino le vie centrali perdono gli amati chioschi, ma soprattutto nei piccoli paesi, che restano del tutto sprovvisti di un punto vendita di giornali e riviste.

Penso soprattutto ai lettori anziani, forse gli unici rimasti davvero affezionati alla carta stampata: persone che avevano fatto dell’acquisto del giornale un rito quotidiano, un momento di socialità, un contatto umano. Ora si trovano semplicemente impossibilitati a comprare quello che amavano. E, in molti casi, a rinunciare per sempre.

E non si trattava solo di giornali: quante edicole vendevano anche libri, piccoli oggetti, proposte che aprivano spiragli di cultura accessibile e vicina! Con la loro chiusura scompare anche questo.

La responsabilità non è soltanto del tempo che cambia e del digitale che avanza (peraltro a fatica, visto che gli abbonamenti e le vendite digitali arrancano, almeno nel nostro paese): editori e distributori hanno imposto condizioni insostenibili, scaricando sui rivenditori costi e pacchi di invenduto. Era inevitabile che, prima o poi, le edicole non reggessero più.

Resta il vuoto, quel senso di perdita che accompagna ogni serranda abbassata. E la consapevolezza che l’ultima edicola non è poi così lontana.

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