mercoledì 24 settembre 2025

Il caos della musica in streaming

Chiunque usi un servizio di musica in streaming lo sa bene: i cataloghi digitali sono tutt’altro che ordinati. Album duplicati o triplicati, edizioni “deluxe” e “expanded” spesso mescolate senza criterio, brani improvvisamente non disponibili per motivi oscuri di copyright, canzoni che spariscono da un giorno all’altro come se non fossero mai esistite.

Il risultato è un’esperienza frustrante, ben lontana dall’idea di avere l’intera storia della musica a portata di click. Anzi, a volte sembra di aggirarsi in un grande magazzino in disordine, dove trovare un disco nella versione “giusta” diventa un’impresa.

E se non bastasse, ci sono poi i danni alle librerie personali: Apple Music in particolare è stata spesso accusata - non a torto, è capitato anche a me - di modificare, sostituire o addirittura cancellare file locali con versioni prese dal suo catalogo, spesso peggiori o incomplete. Un comportamento che mette in discussione il concetto stesso di “collezione musicale personale”, trasformata in un terreno instabile che non appartiene davvero più all’ascoltatore.

Lo streaming ha portato enormi vantaggi in termini di accessibilità, ma il prezzo da pagare sembra essere la perdita di controllo, sia sui contenuti che sulla memoria musicale di ciascuno di noi. Una specie di caos organizzato, dove a guadagnarci non è certo l’ascoltatore.

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