sabato 29 giugno 2024

È la stampa bellezza!

«È la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi far niente, niente!»

L'ultima minaccia, un classico del cinema diretto da Richard Brooks nel 1952, racconta la storia di un giornale alle prese con le pressioni esterne e la corruzione. 

Con il grande Humphrey Bogart nel ruolo del direttore del giornale, il film esplora i temi della libertà di stampa, dell'integrità giornalistica e del potere della verità. Nonostante sia stato prodotto oltre settant'anni fa, L'ultima minaccia risuona ancora oggi con una forza sorprendente, soprattutto alla luce della recente inchiesta di Fan Page sui rigurgiti antisemiti e razzisti che ancora affliggono alcune frange legate al partito della premier Giorgia Meloni.

La lotta per la Verità

Al centro de L'ultima minaccia c'è la battaglia del giornale per pubblicare la verità di fronte a minacce e intimidazioni. Questo tema è di grande attualità nel contesto odierno, dove il giornalismo investigativo continua a essere un baluardo contro l'ingiustizia e la disinformazione. 

L'inchiesta di Fan Page ha rivelato come sentimenti di odio e pregiudizio trovano tuttora terreno fertile, sottolineando l'importanza di una stampa libera e coraggiosa che sia in grado di svelare queste oscure e inquietanti realtà.

Antisemitismo e Razzismo: Un Problema di Ieri e di Oggi

La scoperta di episodi di antisemitismo e razzismo contemporanei evidenzia che, nonostante i progressi fatti, certi mali non sono stati sradicati. L'ultima minaccia ci ricorda che la lotta contro l'odio e la discriminazione è continua e che il ruolo dei media è cruciale nel mantenere alta la guardia. Il film ci mostra come il giornalismo possa sfidare il potere e portare alla luce le ingiustizie, un compito che rimane fondamentale nel mondo di oggi.

Humphrey Bogart e l'Integrità Giornalistica

L'interpretazione di Humphrey Bogart nel ruolo del direttore del giornale è magistrale e incarna l'ideale dell'integrità giornalistica. Il suo personaggio si batte non solo per la sopravvivenza del giornale, ma per la verità e la giustizia. Questo impegno per i principi etici nel giornalismo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno oggi, in un'epoca in cui le fake news e la manipolazione dell'informazione, specie da parte di chi governa (si pensi alla sciagurata, sistematica opera di asservimento e smantellamento della Rai, trasformata nella famigerata TeleMeloni) sono all'ordine del giorno.

Si pensi anche alla reazione sguaiata e vittimistica della premier di fronte alle relazioni giustamente allarmate e sdegnate della società civile, che ha addirittura paradossalmente richiesto l'intervento del Capo dello Stato contro la libertà di stampa. Malafede o ignoranza dei principi cardine della libera informazione in democrazia?

L'impatto del film oggi

L'ultima minaccia non è solo un'opera di intrattenimento, ma un richiamo all'azione per tutti coloro che credono nella libertà e nella giustizia. La sua rilevanza è amplificata dalle recenti rivelazioni di Fan Page, che dimostrano come le vecchie ferite dell'antisemitismo e del razzismo non sono completamente guarite. Questo film ci invita a riflettere sul nostro ruolo nella società e sull'importanza di sostenere un giornalismo libero e indipendente.

È un film che, nonostante la sua età, parla con forza al presente. È una potente testimonianza del ruolo cruciale dei media nella lotta contro l'ingiustizia e un monito a non abbassare mai la guardia di fronte all'odio e alla discriminazione. La sua visione è un'occasione per riconoscere i valori intramontabili della verità e dell'integrità, principi che sono fondamentali oggi come lo erano nel 1952.



giovedì 27 giugno 2024

the doors/the soft parade 50°Th Anniversary Remaster

Qualche anno fa è uscita la nuova edizione, quella del cinquantennale, dell’album The Soft Parade dei Doors.

Il disco, il quarto prodotto dal mitico gruppo, uscito nel luglio del 1969, nonostante abbia riscosso all’epoca un buon successo – conteneva tra l’altro la celebre hit Touch Me – non è annoverato tra i più riusciti della band.

Come sapete, non nutro grande simpatia per questo genere di operazioni, ossia la continua ripubblicazione, col pretesto delle successive rimasterizzazioni, di dischi vecchi.

Eppure stavolta l’operazione non è priva d’interesse: oltre a un nuovo missaggio che evidenzia la voce del grande Jim Morrison, è possibile ascoltare i brani nella versione “Doors only”, ossia privati dei bizzarri arrangiamenti per archi e ottone (!) che conferivano un’aria un po’ surreale e a tratti pacchiana al disco.

Per toccare con mano, ascoltate ad esempio proprio la nuova versione di Touch me. Rispetto a quella che abbiamo ascoltato per anni è davvero tutta un’altra cosa: al posto dei fiati e degli archi, francamente un po’ fuori luogo, risuonano le tastiere cesellanti di Ray Manzarek e un nuovo assolo del chitarrista Robby Krieger. Il risultato finale è che finalmente si riascoltano i “veri” Doors!

Un’analoga operazione, forse lo ricorderete, fu compiuta anni fa da “Sir” Paul McCartney quando si occupò della pubblicazione dello storico album Let it Be, scarnificato all’originaria purezza sonora, senza gli arrangiamenti, a volte ridondanti del pur geniale Phil Spector. Il risultato fu Let it be… Naked, che  in quel caso aggiunse in effetti molto all’opera originale.

Si può discutere sulla necessità e sulla correttezza di fondo di tali operazioni, ma almeno in questi due casi le ritengo riuscite. Oltretutto, la mia passione per il Re Lucertola è tale da non consentirmi di ignorare le notizie che lo riguardano…

lunedì 24 giugno 2024

I contendenti, un Grisham in tono minore

Che John Grisham, autore di bestseller da vari decenni cominci a esaurire la vena narrativa? La domanda appare legittima dopo aver letto, non senza fatica, un suo romanzo di pochi anni fa, I contendenti.

Intendiamoci, gli argomenti trattati sono interessanti: si parla delle sempre più diffuse class action, cavalcate senza scrupolo da studi legali che agiscono solo per pura avidità.

J.G. evidenzia poi la macchinosità del sistema giudiziario americano, che quindi si presta bene a manovre più o meno torbide da parte di avvocati e giudici spregiudicati.

E fin qui tutto bene, direte voi. La lettura sembra promettente. Certo. Il problema è che stavolta il peggior nemico degli scrittori - ma anche dei lettori, eh! - sembra prevalere sulla pur consueta abilità narrativa dell’autore. Alludo alla noia, che affiora a più riprese nella lettura del libro.

Ad ogni modo, per chi volesse approfondire, trovate la recensione completa qui, sulle pagine sempre più ricche del blog magazine Libri e Parole.

domenica 23 giugno 2024

Ultime Letture

Due vecchi amici hanno l’occasione di trascorrere quelle che saranno le loro ultime giornate insieme. Anche per sfuggire all’imbarazzo di questa situazione, decidono che ad ogni loro incontro leggeranno un racconto di un’antologia che si intitola “Ultime letture”.

Questo darà modo loro di continuare un dibattito sulla natura dell’esistenza, portato avanti per una vita intera. Ma la cosa diventa anche più drammatica: un vero rito per scongiurare il più possibile un infausto evento. 

Giorgio Sangiorgi costruisce un romanzo che è anche un’antologia di racconti, un po’ come “Le mille e una notte”

Gli autori che lo hanno affiancato in quest’impresa sono: 

Elisa Tomassi, Roberto Furlani, Annarita Stella Petrino, Marco Donna, Michela Poggio, Andrea Cabassi, Simone Orlandi, Francesco Cotrona, Luigi Milani, Luigi Valerio, Marco Settembre, Marco Orlandi, Carlo Alberto Bentivoglio.

Ultime Letture

di Giorgio Sangiorgi (+ guests)

Edizioni Scudo

sabato 22 giugno 2024

Elle, un Verhoeven "alla francese"

Elle di Paul Verhoeven è un thriller psicologico che si distingue per la sua audacia, ma soprattutto per la straordinaria interpretazione di Isabelle Huppert. L'attrice riesce a portare sullo schermo un personaggio incredibilmente complesso e sfaccettato. La sua capacità di incarnare un personaggio così torbido, ambiguo e resiliente è senza dubbio uno dei punti di forza del film.

La storia, tratta da un racconto, affronta temi controversi con una narrazione visivamente provocatoria, a tratti tendente al soft porn. Tuttavia la coerenza narrativa lascia a desiderare in diversi punti. Alcune incongruenze nella trama possono confondere lo spettatore e minare la credibilità della storia. 

Inoltre i dialoghi, sebbene a tratti incisivi, risultano spesso tirati per le lunghe, rallentando il ritmo del film e appesantendo la visione.

Un'altra criticità è la durata del film. Con una lunghezza che si avvicina alle due ore e venti minuti, Elle tende a dilungarsi troppo. Alcune scene sembrano prolungarsi oltre il necessario, contribuendo a un senso di noia strisciante.

La fotografia del film, caratterizzata da toni scuri e un'illuminazione spesso cupa, contribuisce a creare un'atmosfera opprimente che può risultare eccessiva. Sebbene questa scelta stilistica possa essere vista come un riflesso della natura inquietante della storia, finisce per penalizzare la visibilità e il coinvolgimento visivo dello spettatore.

In sintesi, il film brilla per la magistrale interpretazione di Isabelle Huppert e per la sua audacia narrativa, ma soffre per la sua eccessiva lunghezza, le incongruenze della trama, i dialoghi a volte prolissi e una fotografia troppo buia. Nonostante questi difetti, rimane un'opera interessante e provocatoria che merita di essere vista.

mercoledì 19 giugno 2024

Memorie dal sottosuolo


In seguito alla criminale invasione decisa da Vladimir Putin del territorio ucraino si è scatenata una certa, immotivata e ingiusta avversione verso l'arte russa. Un atteggiamento sciocco e dannoso, com'è evidente, per la cultura in generale.

Ebbene, mi sono occupato, sulle pagine del blog magazine Libri e parole di un grande classico della letteratura russa. Sto parlando di Memorie dal sottosuolo, di Fëdor Dostoevskij.

È un romanzo breve di grande modernità, pur essendo stato pubblicato nel 1864, per come affronta, anticipandoli rispetto alla tradizione letteraria precedente, temi quali l'alienazione, il senso di colpa, la morale comune.

Chi volesse approfondire l'argomento, può farlo a partire da questo link.

martedì 18 giugno 2024

Quando la cultura e l'informazione libera fanno paura

Quando un dittatore arriva al potere, la sua prima azione è attaccare la cultura, gli artisti, la libertà creativa, cancellare le sovvenzioni. La cultura è il suo nemico.

(Tahar Ben Jelloun)

Libri e altri scritti considerati “anti-tedeschi” vengono bruciati sull’Opernplatz. Berlino, Germania, 10 maggio 1933. 
©National Archives and Records Administration, College Park, MD

Ecco, pensate alla "melonizzazione" della Rai, trasformata appunto in TeleMeloni, trasformata in becero megafono governativo, vilipesa e privata dei suoi personaggi di punta. 


Pensate anche all'impoverimento generale e sistematico del mondo dell'arte e della cultura e capirete perché l'affermazione di Tahar Ben Jelloun sia veritiera e quantomai calzante alla situazione attuale.

lunedì 17 giugno 2024

Strange Way of Life, il western secondo Almodóvar

Strange Way of Life è un cortometraggio diretto da Pedro Almodóvar che esplora i temi dell'amore, del desiderio e del destino attraverso una narrazione unica e coinvolgente. 

Ambientato in un paesaggio desertico, il film segue le vicende di due uomini, Silva e Jake, interpretati rispettivamente da Ethan Hawke nel ruolo di uno sceriffo e Pedro Pascal in quello di un cowboy.

La regia di Almodóvar brilla nella sua capacità di intrecciare emozioni intense con una fotografia visivamente mozzafiato. Ogni inquadratura è curata nei minimi dettagli, offrendo allo spettatore un'esperienza visiva ricca e coinvolgente.   

I colori vibranti e i contrasti del paesaggio desertico non solo esaltano la bellezza naturale, ma riflettono anche la complessità dei sentimenti dei protagonisti.

Le interpretazioni di Hawke e Pascal sono straordinarie. Entrambi riescono a trasmettere la profondità del loro legame attraverso silenzi eloquenti e sguardi carichi di significato. La chimica tra i due attori è palpabile, rendendo credibile e toccante la loro storia d'amore.

La colonna sonora, caratterizzata da melodie malinconiche, accompagna perfettamente il tono del film, amplificando le emozioni e dando ulteriore spessore alla narrazione.

Strange Way of Life è un’opera che, pur nella sua brevità, riesce a lasciare un'impressione duratura. Non è esagerato affermare che Almodóvar ci regala un gioiello cinematografico che esplora con delicatezza e passione i temi dell’amore e dell’identità. 

Un cortometraggio imperdibile per gli amanti del cinema e per chi apprezza le storie profonde e ben raccontate.

venerdì 14 giugno 2024

Unastoria, il capolavoro di Gipi

Unastoria è da molti considerato il capolavoro di Gipi, alias Gianni Pacinotti, e forse, per una volta, il termine non è usato a sproposito. 

La graphic novel Unastoria – il titolo è scritto proprio così, e non senza motivo, a voler indicare l'unità dell'opera, a dispetto della sua apparente frammentarietà – spicca davvero nel sonnolento e ripetitivo panorama fumettistico italiano. 

La storia è giocata su più livelli: da un lato si descrive la vicenda del protagonista vero e proprio, lo scrittore di successo Silvano Landi, del quale si racconta lo stato di sgretolamento interiore. L'autore ha perso il contatto con la realtà, e avverte tutta la vacuità di una vita che gli sembra insensata. Gipi mostra al lettore tutto questo in una prima parte volutamente confusa e ostica, che trasmette angoscia e confusione, quelle stesse sensazioni che affliggono l'animo dello scrittore.


Il passaggio dal colore degli acquerelli al bianco e nero scarnificato del presente è uno schiaffo in faccia al lettore, che trasale e prova lo stesso senso di smarrimento e straniamento del protagonista. L'alternanza di colore e bianco e nero sferza il lettore con grande forza. 


Come avrete intuito, Unastoria non è affatto una lettura facile, e può perfino suscitare una certa difficoltà nel lettore, al quale è richiesto un impegno non indifferente nell'affrontare la lettura di queste pagine. Ma ne vale la pena, credetemi.


Il tratto, graffiante e minimalista nelle parti a china, può ricordare a tratti i grandi Guido Crepax e Hugo Pratt, mentre nelle parti pittoriche diventa impressionista, quasi classicheggiante, salvo smentirsi magari nelle pagine immediatamente seguenti, contraddistinte da un tratto nervoso e ultra minimalista, che, quando pure ricorre all'ausilio del colore, mi ha fatto pensare a un altro grande illustratore, Bill Sienkiewicz.


A un livello si direbbe più alto rispetto agli affanni dello scrittore in crisi dei giorni nostri, viene narrato con tratti molto poetici e ispirati un momento tragico della vita di un avo dello scrittore, Mauro, combattente in una trincea della Prima Guerra Mondiale. I due Landi vivono entrambi, in due epoche diverse, lo scoramento della disperazione più nera, alle prese con le proprie miserie umane e con quella che appare come la suprema insensatezza dell'umana Storia.


Beninteso, non c'è solo negatività in Unastoria. Nelle ultime, riuscitissime pagine, si intravvede infatti una possibilità di riscatto o almeno di sollievo per il, anzi, i protagonisti.


Tra l'altro, il volume, già premiato da un vasto successo di pubblico, oltre che di critica, comparve nell'ambitissima lista dei dodici candidati al Premio Strega 2014. Fu la prima volta che un'opera a fumetti, sia pure un "romanzo a fumetti", si trovò in lizza per aggiudicarsi il premio letterario più importante, almeno per quella parte del nostro Paese che si ostina con caparbietà a occuparsi di cultura e soprattutto a leggere, cari amici.


Scheda


Autore: Gipi

Titolo: Unastoria

Casa Editrice: Coconino Press - Fandango

Anno: 2013

Collana: Maschera Nera

Formato: cartaceo

Pagine: 128 - € 18,00

ISBN: 9788876182495

Genere: Fumetto d'autore


Pro: grande tecnica, immagini di grande bellezza


Contro: una certa difficoltà di lettura, specie nella prima parte dell'opera


Voto: 5

giovedì 13 giugno 2024

La lezione di Matteotti

Dopo l'ignobile spettacolo andato in scena ieri in Parlamento, quando un deputato leghista ha aggredito Leonardo Donno del Movimento 5 Stelle, confermando una volta di più il clima violento e squadrista instaurato e promosso dalla sciagurata parodia di governo attualmente in carica, gioverà ricordare cosa accadde il 30 maggio 1924, quando Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni del 6 aprile.

In quello che fu il suo ultimo discorso, il parlamentare denunciò apertamente le violenze e le irregolarità avvenute durante le elezioni politiche del 1924. 

Accusò il Partito Nazionale Fascista e il governo di Benito Mussolini di aver commesso brogli elettorali, intimidazioni e violenze per ottenere una vittoria manipolata. Matteotti espresse il suo profondo disprezzo per l'abuso di potere e l'oppressione politica perpetrata dal regime fascista, affermando il suo impegno per la difesa della democrazia e delle libertà civili. 

Il discorso si concludeva così:

Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni.

Al termine del suo intervento Matteotti, rivolgendosi ai compagni di partito, profetizzò:

Ed ora potete preparare il mio elogio funebre.

La sua previsione si rivelò esatta, purtroppo. Com'è noto, poco dopo la sua denuncia, fu rapito e assassinato da squadristi fascisti. 

Il suo sacrificio contribuì a evidenziare la natura brutale e totalitaria del regime fascista, suscitando indignazione e proteste sia in Italia che all'estero.





mercoledì 12 giugno 2024

Rumore bianco

Uno dei romanzi più importanti di Don DeLillo, lo scrittore statunitense a mio avviso più importante degli ultimi decenni, è certamente Rumore bianco, di recente trasposto efficacemente anche in film con Adam Driver.

Avverto subito gli amici lettori che non si tratta di una lettura facilissima, come spesso accade con i libri del grande autore di origine italiana. 

Non tanto per la qualità della scrittura, levigata, scorrevole e precisa com’è tipico di D. D., quanto per i temi trattati: la paura, anzi l’ossessione della morte, l’ipocondria e, in parte, il moderno consumismo.

Se volete approfondire, ne scrivo più diffusamente qui, sul blog magazine Libri e parole.




lunedì 10 giugno 2024

Nimic: Un'esperienza visiva vuota e irritante

Non pago - si fa per dire - dell'esperienza negativa prodotta dalla visione del film La Favorita, ho deciso di dare un'altra possibilità al suo regista, Yorgos Lanthimos, sforzandomi di guardare un suo cortometraggio, Nimic.

Ahimè, di male in peggio. Mal me ne incolse. Nimic si presenta come un cortometraggio ambizioso, ma purtroppo si rivela un'esperienza profondamente deludente e irritante. Nonostante l'aura di mistero e alienazione, il film non riesce a trovare una direzione chiara e si perde in un mare di pretese artistiche senza sostanza.

La premessa è interessante: un violoncellista, interpretato da uno stralunato Matt Dillon, ha un incontro bizzarro in metropolitana che altera drasticamente la sua vita. 

Tuttavia la trama, se così possiamo chiamarla, è incredibilmente sottile e manca di qualsiasi sviluppo significativo. Il film sembra più interessato a confondere lo spettatore con simbolismi criptici e scelte stilistiche eccentriche piuttosto che raccontare una storia coesa.

Le interpretazioni sono uno dei pochi aspetti che si salvano. Il già citato Matt Dillon offre una performance professionale, ma è costretto a lavorare con un materiale che non gli permette di esplorare il suo personaggio in profondità. Il resto del cast, pur adeguato, è penalizzato da una sceneggiatura che non dà loro spazio per brillare.

Dal punto di vista visivo, Nimic mantiene lo stile distintivo di Lanthimos, con inquadrature precise ma statiche e una fotografia abbastanza curata. Tuttavia, questa freddezza visiva, caratterizzata da un'estetica algida e distaccata, non è sufficiente a compensare la mancanza di sostanza narrativa. Anzi, questa scelta stilistica rende il film ancora più alienante e distante, creando un'insormontabile barriera emotiva tra lo spettatore e la storia.

Il cortometraggio sembra un esercizio di stile fine a se stesso, privo di una vera anima o di un messaggio significativo. Il film tenta di esplorare temi come l'identità e la realtà, ma lo fa in modo così superficiale e pretenzioso che risulta difficile prenderlo sul serio. 

Il ritmo è lento e spesso frustrante, con una narrazione frammentaria che lascia più domande che risposte. Invece di intrigare, Nimic finisce per alienare lo spettatore, lasciandolo perplesso e insoddisfatto. Gli undici minuti del film trascorrono a fatica, e alla fine della visione lo spettatore tira un sospiro di sollievo.

L’incomprensibilità del film diventa presto il suo più grande difetto. Lanthimos sembra voler giocare con la mente del pubblico, ma lo fa in modo così disordinato e inconcludente che ciò che resta è solo fastidio. L'assenza di una chiara risoluzione o di un senso compiuto alla fine del corto rende l'intera esperienza visiva non solo vuota, ma anche profondamente frustrante.

Nimic è un'opera che delude quasi sotto tutti i punti di vista. Nonostante le buone intenzioni e alcune qualità tecniche, non riesce a trovare il giusto equilibrio tra forma e contenuto. Quello che poteva essere un corto intrigante e provocatorio si rivela un'esperienza visiva fredda, priva di significato e innervosente, un'altra occasione mancata per il sopravvalutato e furbastro Lanthimos di creare qualcosa di veramente memorabile.



domenica 9 giugno 2024

Un consiglio, quasi un appello: votate


Una raccomandazione, un consiglio. Di più, un appello, cari amici: fate un piccolo sforzo e recatevi a votare per le Elezioni Europee 2024

È importante, non dobbiamo rinunciare a questo nostro prezioso diritto. E non è vero che i partiti sono tutti uguali, che tanto rubano tutti, chi più chi meno. 

Certo, se poi votaste "bene", ossia tenendovi alla larga dal partito capitanato da una demagoga autoritaria, razzista, truce e tragicamente inadeguata, alleata con sgherri degni di lei, sarebbe meglio. Molto meglio. 

E cercate di tenere ben presente che l'attuale, imbarazzante Governo in carica è infestato, oltre che da personaggi ridicoli, soprattutto da inquisiti, corrotti, delinquenti, neo fascisti, portavoce di ministri antisemiti e amici di criminali.


Immagine © TPI

Buon voto dunque.

venerdì 7 giugno 2024

Leggere Il sosia nell’era della “cancel culture”

L'invasione russa dell'Ucraina ha provocato, tra i tanti, tragici effetti collaterali, anche una sorta di odioso ostracismo nei confronti della cultura russa, benché suoni a dir poco paradossale il riferimento alla cosiddetta cancel culture fatto da Putin.

Vero è che si registrano censure e atteggiamenti negativi verso la cultura russa, che hanno fatto giustamente gridare allo scandalo, a una specie di maccartismo di ritorno.

Censure demenziali e inopportune a parte, è invece oggi quanto mai opportuno (ri)leggere le opere di un grande autore russo, Fëdor Dostoevskij

Una delle sue opere più celebri, anche se forse non la più riuscita almeno sul piano della forma, è certamente Il Sosia.


Si tratta di un romanzo di grande modernità per quanto attiene al tema affrontato, ossia lo sganciamento dalla realtà dell’uomo qualunque, schiacciato da un sistema di valori e da una società che lo annichiliscono. Ne parlo più diffusamente sul blog magazine Libri e Parole.

Qualche anno fa ne è stato tratto anche un discreto film, Il sosia - The Double (The Double), diretto da Richard Ayoade, con Jesse Eisenberg.

giovedì 6 giugno 2024

La favorita, un film da... favorire poco

La favorita, diretto da Yorgos Lanthimos, ha ricevuto molti elogi dalla critica e diversi importanti riconoscimenti, ma personalmente ritengo sia stato ampiamente sopravvalutato. Nonostante una produzione sontuosa e la recitazione di alto livello di Olivia Colman ed Emma Stone, il film fallisce nel creare un legame emotivo con il pubblico. 

Sembra quasi che il regista abbia voluto emulare l'impresa compiuta, ma con ben altri (e positivi) esiti da Sofia Coppola nel 2006, con Marie Antoinette, film storico girato in chiave pop, divertente e dissacrante ma senza velleitarie pretenziosità.

Il problema principale della pellicola di Lanthimos è la sceneggiatura. La trama è lenta e spesso si perde in dialoghi inutili che non aggiungono molto alla storia. I personaggi, sebbene ben interpretati, mancano di profondità. 

La regina Anna di Olivia Colman appare più come una caricatura che come una figura storica con emozioni e motivazioni reali. Emma Stone e Rachel Weisz fanno del loro meglio con i rispettivi ruoli, ma sono limitate da una scrittura che le rende più pedine in un gioco di potere, piuttosto che persone reali con sfumature.

La regia di Lanthimos, nota per il suo stile eccentrico e la sua capacità di creare atmosfere surreali e grottesche, qui sembra più un esercizio di stile fine a se stesso

L'uso eccessivo di grandangoli e tecniche di ripresa non convenzionali risulta alla fine distrattivo piuttosto che innovativo. Questo approccio visivo, anziché arricchire la narrazione, la rende più difficile da seguire e meno coinvolgente. Inoltre il film è troppo lungo in relazione alla storia narrata.

Anche la colonna sonora in diversi momenti è volutamente urticante, oscillando tra atmosfere da film storico tradizionale a sottolineature ossessive, quasi horror. 

Infine, il tono del film è sorprendentemente incoerente. Oscilla tra il dramma storico e la commedia nera, senza mai trovare un equilibrio convincente. Ciò porta a un'esperienza di visione frammentata e confusa, dove è difficile capire quale sia il vero intento del regista. A parte ovviamente la volontà di stupire e provocare. Ma Lanthimos non è certo Kubrick, né Fellini e neanche Cronemberg.

La favorita è sì un film visivamente a tratti interessante, ma emotivamente vuoto. La mancanza di una narrativa coesa e di personaggi ben sviluppati pregiudica seriamente la qualità complessiva dell'opera. Anche il finale del film è forzato, di maniera.

Sebbene possa piacere a chi ama il cinema d'autore esteticamente ricercato, chi cerca un film con una trama avvincente e personaggi tridimensionali potrebbe rimanere molto deluso.


Emma Stone

mercoledì 5 giugno 2024

Castelli maledetti, una recensione



Sul blog magazine Libri e parole è presente una lusinghiera recensione dell’antologia Castelli maledetti, edita da Nero Press Edizioni, alla quale partecipo, assieme ad altri nomi ben conosciuti del panorama fantastico e noir, con un racconto dal sapore apocalittico. 

Ambientato durante una terribile pestilenza, vede protagonisti uno scrittore in crisi e una ragazza in fuga, costretti loro malgrado a una convivenza tanto inaspettata quanto difficile. Macoli tempo le cose cambieranno, eccome se cambieranno...


Un piccolo assaggio della recensione:

Se amate le ghost story di stampo britannico, se adorate le atmosfere gotiche, se ricordate con affetto le prime volte in cui avete letto le opere di Henry James dedicate ai fantasmi e al sovrannaturale in generale, Castelli maledetti potrebbe intrigarvi.


La recensione completa:

https://librieparole.it/recensioni/3830/castelli-maledetti-antologia-angelo-marenzana/

martedì 4 giugno 2024

Tempesta di ghiaccio, un film da recuperare

Strano destino, quello di certi film, specie d'autore: a volte scivolano nell'oblio, non vengono mai riproposti in televisione e non è neppure facile reperirli sulle varie piattaforme streaming.

È il caso ad esempio di Tempesta di ghiaccio, diretto da Ang Lee e basato sul romanzo di Rick Moody, un dramma profondo e avvincente che esplora le complessità delle relazioni umane e la disillusione della classe media americana negli anni '70.

Il film è ambientato nel 1973, durante il periodo della crisi energetica e dello scandalo Watergate, e segue due famiglie suburbane, i Carver e gli Hood, le cui vite si intrecciano durante un gelido fine settimana del Giorno del Ringraziamento. Kevin Kline interpreta Ben Hood, un marito e padre che si sente intrappolato nella sua routine borghese e cerca evasione in una relazione extraconiugale con Janey Carver (una sensuale e tormentata Sigourney Weaver), la vicina di casa. Joan Allen interpreta la moglie di Ben, Elena, che lotta per trovare un senso di identità e scopo al di là del suo ruolo di casalinga.

I giovani protagonisti del film, tra i quali spiccano Tobey Maguire nei panni di Paul Hood e Christina Ricci in quelli di Wendy Hood, offrono una prospettiva altrettanto complessa e disturbante sulla scoperta di sé e sulle turbolenze dell'adolescenza. Paul è un adolescente introverso e intellettuale, mentre Wendy esplora la propria sessualità in modi a volte provocatori.

La regia di Ang Lee è notevole per la sua delicatezza e precisione. Lee cattura con maestria l'atmosfera fredda e oppressiva dell'inverno e della crisi emotiva che attraversa i personaggi. La tempesta di ghiaccio che dà il titolo al film non è solo un evento meteorologico, ma anche una metafora delle barriere emotive e delle tensioni congelate tra i personaggi.

La sceneggiatura di James Schamus è ricca di dialoghi incisivi e momenti di introspezione che rivelano le paure e i desideri nascosti dei personaggi. La colonna sonora, con brani dell'epoca e una suggestiva partitura originale di Mychael Danna, amplifica l'effetto nostalgico e malinconico della narrazione.

Anche la cura dell'ambientazione storica, del vestiario, del design, delle pettinature e più in generale la ricostruzione dell'atmosfera dei primi anni '70 sono strepitose. In tal senso anche il ritmo dilatato e un poco straniante evoca certa cinematografia di quel periodo, il che accresce il fascino dell'opera.

Tempesta di ghiaccio è un ritratto agghiacciante e commovente della fragilità umana e delle complessità delle relazioni familiari. È un film che invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche del cambiamento sociale e personale, e sulle conseguenze delle scelte individuali. 

Con una recitazione eccellente da parte di un cast stellare - Sigourney Weaver, Christina Ricci, Joan Allen, Kevin Kline, Elijah Wood e Tobey Maguire - e una regia impeccabile, "Tempesta di ghiaccio" rimane un'opera cinematografica potente e memorabile.

Per concludere, un paio di annotazioni curiose per gli appassionati di film di supereroi: il film si apre con il giovane Tobey Maguire che legge e commenta un albo dei Fantastici Quattro (per i più pignoli, dirò che disegnato dal mitico John Buscema), prima serie della rivoluzione supereroistica targata Marvel, avviata da Jack Kirby e Stan Lee nei primi anni '60. 

Tobey Maguire

Ebbene, pochi anni dopo, nel 2002, l'attore diverrà protagonista della fortunata saga diretta dal maestro Sam Raimi, che vede protagonista Spider-Man, altro personaggio archetipico della Marvel.

Ma non è finita: nel 2003 lo stesso Ang Lee dirigerà il film Hulk, basato sull'omonimo personaggio sempre della Marvel Comics, interpretato da un cast notevole, che comprendeva tra gli altri Eric Bana, Jennifer Connelly, Sam Elliott e Nick Nolte.

lunedì 3 giugno 2024

Ultime letture: una recensione


È apparsa oggi sul blog magazine Libri e Parole una recensione di Ultime Letture, nuovo libro di Giorgio Sangiorgi, un romanzo-antologia al quale ho dato il mio modesto contributo anch'io, con il racconto Il salvataggio.

Qualche estratto dalla recensione:

Composto di tredici racconti più una trama da romanzo che funge da collante, ricorda la struttura de Le mille e una notte, famosissimo libro in cui la fanciulla Šahrazād sfugge alla morte rimandando la sua esecuzione grazie alla lettura di ammalianti racconti al re Šahriyār.

Si può rimandare l’incontro con la morte? In Ultime letture prova a prendere tempo il pensionato Giovanni, un tempo insegnante in un liceo, al capezzale dell’amico malato terminale Fausto. Sceglie, in questo suo disperato tentativo, di farlo mediante la lettura a voce alta di una raccolta di racconti, una storia alla volta, sperando che il suo caro amico nel desiderio di ascoltare il libro fino all’ultima pagina, resista un poco di più. Soltanto un poco. Giusto il tempo di arrivare alla fine della raccolta rallentando quel decorso terribile.

[...] Ed ecco Il salvataggio di Luigi Milani, storia in cui ci coglie di sorpresa una grande verità:

"I dolori passeranno, prima o poi. Il problema è quando non senti più nessun dolore. Allora sì che c’è da preoccuparsi".


domenica 2 giugno 2024

Il cinema in sala fa flop


La crisi delle sale cinematografiche è un fenomeno complesso, accentuato negli ultimi anni dai cambiamenti nelle abitudini del pubblico e da una serie di flop significativi al botteghino di Hollywood e di casa nostra. 

Diversi fattori contribuiscono a questa situazione, tra cui la pandemia di COVID-19, che ha accelerato la transizione verso lo streaming e ha reso il pubblico più riluttante a tornare nelle sale. Inoltre la qualità e l'attrattiva di molte nuove uscite non sono riuscite a compensare questa tendenza.

Nel 2024 Hollywood ha visto una serie di delusioni al botteghino. Tra i flop più eclatanti c'è stato un altro film Marvel, Madame Web, che ha incassato solo 121 milioni di dollari a fronte di budget elevati e aspettative significative. Simile sorte è toccata a Ghostbusters: Frozen, con solo 201 milioni di dollari globali, e a Horizon: An American Saga, un ambizioso progetto in due parti di Kevin Costner che ha fallito nel catturare l'interesse del pubblico nonostante la fama del regista e attore.


Film come Arthur the King e Drive-Away Dolls hanno sofferto di un'accoglienza tiepida, sia da parte della critica che del pubblico. Arthur the King, nonostante la presenza di star come Mark Wahlberg e Simu Liu, ha incassato solo 31 milioni di dollari, ben al di sotto delle aspettative. Drive-Away Dolls, diretto da Ethan Coen, ha raggiunto appena 7 milioni di dollari a livello globale, segnando dunque un grave insuccesso.


Questo scenario è aggravato dal fatto che il pubblico preferisce sempre più guardare i film in streaming, attratto dalla comodità e dalla varietà di contenuti offerti dalle piattaforme digitali. Il modello di business tradizionale, basato su grandi uscite cinematografiche, arranca e non riesce ad adattarsi a questa nuova realtà.


La crisi delle sale cinematografiche è alimentata sia da cambiamenti strutturali nel comportamento dei consumatori che da una lunga serie di insuccessi commerciali. D'altronde la stessa esperienza della visione in sala non di rado è spiacevole, specie nelle multisale, caratterizzata com'è dalla presenza fastidiosa di spettatori intenti a consultare compulsivamente gli schermi ultra luminosi degli smartphone, a commentare ad alta voce, a dar calci agli schienali delle poltrone e ad appestare l'aria con secchi di pop-corn divorati con avidità.


Anche i gestori delle sale hanno le loro responsabilità, nel programmare proiezioni in orari dissennati di film considerati, spesso a torto, poco appetibili per il grande pubblico, o proiettando lo stesso film, considerato di cassetta, in più sale della stessa struttura. Nelle grandi città si pone anche il problema, non da poco, della difficoltà di parcheggio e degli orari di proiezione, spesso maldestramente punitivi.


Il mondo del cinema per tentare di riconquistare il pubblico e risollevarsi da questa difficile fase deve quindi necessariamente rivedere le proprie strategie, innanzitutto puntando su una maggiore qualità delle produzioni e magari offrendo in sala esperienze che non possano essere replicate in ambiente domestico.

sabato 1 giugno 2024

The Tree of Life

Il film The Tree of Life del grande regista Terrence Malick, interpretato da Brad Pitt e Sean Penn, è un'esperienza cinematografica unica, della lunghezza a dire il vero debordante di oltre 3 ore. Caratterizzata da immagini straordinarie che abbracciano la grandezza della vita stessa, tale sontuosità visiva racchiude un messaggio che, purtroppo, tende a risultare nebuloso e ambiguo.

Il film, di ardua classificazione - drammatico, con elementi fantastici, quasi SF (significativa, in tal senso, la collaborazione del celebre mago degli effetti speciali Douglas Trumbull) - tenta di esplorare la complessità della vita, dall'origine del nostro universo fino alle dinamiche familiari terrene. 

L'albero della vita, che funge da metafora ricorrente, simboleggia la connessione tra tutti gli esseri viventi e le esperienze che intrecciano il nostro percorso. La natura contemplativa del film suggerisce una riflessione profonda sulla nostra esistenza e il nostro ruolo nel grande schema dell'universo.

Tuttavia la rivelazione di questo messaggio si rivela perlopiù opaca e troppo dispersiva. Le immagini suggestive e astratte spesso si perdono in una narrazione frammentata, lasciando gli spettatori incerti sulla direzione presa dal regista. La coesione tra la storia familiare e i concetti cosmici rimane sfuggente,  quando non forzata, con il rischio di alienare gli spettatori.

Inoltre l'uso eccessivo di simbolismi e metafore potrebbe essere interpretato come un tentativo di elevare il film a una dimensione più alta, ma finisce per creare un'aura di pretenziosità che appesantisce il messaggio anziché rafforzarlo.

Malick affronta con gli strumenti di cui dispone temi filosofici ed esistenziali profondi, ma la sua esecuzione ambivalente e frammentaria rende difficile per gli spettatori cogliere il messaggio proposto. 

La bellezza innegabile delle immagini non riesce completamente a compensare la mancanza di chiarezza nel trasmettere il significato sottostante, lasciando il film in una sorta di limbo interpretativo che potrebbe non essere apprezzato da tutti e che mette a dura prova lo spettatore. 

Ne consiglio dunque la visione? Nonostante tutto sì, a patto di accettare il montaggio dilatato, la scarsità di dialoghi e l'autocompiacimento estetizzante del regista. 

Da ultimo, segnalo che il film è da tempo presente sulla piattaforma gratuita RaiPlay. Se avete la possibilità di vederlo su uno schermo di grandi dimensioni, fatelo, per godere appieno della bellezza incredibile delle immagini.



Sangue sulle mani di Trump

L’America piange l’omicidio di Charlie Kirk , influencer e attivista del movimento Maga e amico-consigliere di Donald Trump. Un delitto che ...