Accusò il Partito Nazionale Fascista e il governo di Benito Mussolini di aver commesso brogli elettorali, intimidazioni e violenze per ottenere una vittoria manipolata. Matteotti espresse il suo profondo disprezzo per l'abuso di potere e l'oppressione politica perpetrata dal regime fascista, affermando il suo impegno per la difesa della democrazia e delle libertà civili.
Il discorso si concludeva così:
Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni.
Al termine del suo intervento Matteotti, rivolgendosi ai compagni di partito, profetizzò:
Ed ora potete preparare il mio elogio funebre.
La sua previsione si rivelò esatta, purtroppo. Com'è noto, poco dopo la sua denuncia, fu rapito e assassinato da squadristi fascisti.
Il suo sacrificio contribuì a evidenziare la natura brutale e totalitaria del regime fascista, suscitando indignazione e proteste sia in Italia che all'estero.