mercoledì 30 luglio 2025

Solo il mare intorno

Stai cercando la lettura perfetta per la spiaggia?

Dimentica il solito thrillerino da ombrellone o il romanzo rosa col finalino zuccheroso: quest’estate Solo il mare intorno è qui per ricordarti che il mare, più che un luogo di relax, è un enorme, salatissimo abisso pronto a inghiottirti. Ma con stile.


Tre racconti lunghi, scritti da tre maestri dell’horror – Danilo Arona, Angelo Marenzana e Luigi Milani – ti accompagneranno in una crociera interiore fatta di solitudine, alienazione, visioni disturbanti e un certo odore di decomposizione emotiva. Una lettura ideale per chi vuole rovinarsi definitivamente l’idea di vacanza.


Questa non è solo una raccolta: è una boa esistenziale a cui aggrapparsi mentre tutto affonda. Con eleganza, certo. Ma affonda.


Dimentica i cocktail esotici: Solo il mare intorno è il mojito marcescente che non sapevi di desiderare.


Disponibile su Nero Press. Ma attento: dopo averlo letto, potresti non guardare più il mare con gli stessi occhi. O non guardarlo affatto.


Il link diretto per l’acquisto:


https://neropress.it/prodotto/solo-il-mare-intorno/

lunedì 28 luglio 2025

Addio a Celso Valli, architetto del suono italiano

Con la scomparsa di Celso Valli la musica italiana perde uno dei suoi artefici più raffinati e silenziosi. Nato a Bologna nel 1950, Valli è stato il cuore invisibile di innumerevoli successi, un produttore, arrangiatore e compositore capace di fondere classicismo e modernità, pop e sinfonia, istinto melodico e rigore artigianale.

Formatosi tra musica classica e jazz, Valli ha attraversato i decenni con una versatilità rara, accompagnando l’evoluzione della canzone italiana e contribuendo, spesso in modo decisivo, al suo prestigio anche internazionale.


Il nuovo sound dei Matia Bazar

Indimenticabile il suo apporto ai Matia Bazar: fu lui a produrre e arrangiare l’album Melanchólia (1985), e in particolare il celebre singolo “Ti sento”, che segnò una svolta elettronica nella storia del gruppo. Un brano denso di pathos e tensione, sospeso tra synth e orchestra, in cui l’impronta di Valli è inconfondibile: strutture moderne, atmosfere complesse, intensità lirica e modernità inarrivabile.


Il sodalizio con Claudio Baglioni

Altrettanto determinante il lungo sodalizio con Claudio Baglioni, che vide Valli protagonista degli arrangiamenti di La vita è adesso (1985) – tuttora il disco più venduto della storia della musica italiana – e soprattutto di Oltre (1990), un progetto ambizioso e sperimentale che coniugava pop, world music e orchestrazioni sinfoniche. Senza la guida discreta ma decisa di Valli, questi album non avrebbero avuto la stessa forza espressiva.


Un’eredità enorme e discreta

Celso Valli ha firmato o impreziosito le musiche di artisti come Mina, Vasco Rossi, Ivan Graziani, RafLaura Pausini, Eros Ramazzotti, Andrea Bocelli, Giorgia, Il Volo, Renato Zero, Jovanotti. Ovunque passasse, lasciava un’impronta: un suono più pieno, un arrangiamento più arioso, un equilibrio perfetto tra istinto ed esattezza.


Alcuni dei brani che portano il suo tocco:

  • “Ti sento” – Matia Bazar
  • “La vita è adesso” – Claudio Baglioni
  • “Oltre” – Claudio Baglioni
  • “Strani amori” – Laura Pausini
  • “Con te partirò” – Andrea Bocelli

Celso Valli era un artigiano del suono, un regista discreto della musica leggera italiana. Non cercava la ribalta, ma sapeva renderla luminosa per gli altri. In ogni sua produzione si percepiva un rispetto profondo per la musica e per l’ascoltatore.

Oggi, mentre il mondo della musica lo saluta con commozione, resta il suo lascito: un repertorio vasto e splendido che continuerà a emozionarci. Perché le sue note, come le grandi opere, non svaniscono: restano, e suonano ancora.

Più rabbia, più clic: la logica tossica dei social network

È sotto gli occhi di tutti: negli ultimi anni l’aggressività verbale sui social è cresciuta in modo esponenziale. Insulti, provocazioni, battute al vetriolo e flame sembrano essere diventati la norma, non più l’eccezione. Discussioni che un tempo sarebbero state civili, o almeno contenute, oggi degenerano in risse digitali nel giro di pochi commenti.

Ma non è solo una questione culturale o sociale. Dietro questo aumento della rissosità si nasconde una logica ben più cinica: quella del profitto. I social network, che campano e anzi prosperano grazie alla pubblicità, guadagnano tanto più quanto più tempo passiamo sulle loro piattaforme. E nulla tiene incollati allo schermo come uno scontro, una lite, un’escalation di indignazione.

L’algoritmo lo sa. E favorisce i contenuti divisivi, quelli che suscitano reazioni forti, che polarizzano. Perché una persona che si infuria, che si sente attaccata, che vuole ribattere, resta online. E mentre litiga, guarda pubblicità. Più rabbia, più clic. Più clic, più soldi.

In questo meccanismo perverso, le piattaforme non hanno alcun interesse reale a disinnescare il conflitto. Al contrario: lo alimentano, lo premiano. A farne le spese siamo noi utenti, sempre più esposti a un clima di tossicità e stress, e la qualità stessa del dibattito pubblico, che si inaridisce in slogan e insulti.

Forse è il momento di chiederci: vogliamo davvero farci usare in questo modo?

domenica 27 luglio 2025

“13”, l’ultimo ruggito dei Black Sabbath con Ozzy Osbourne

La notizia della scomparsa del mitico Ozzy Osbourne segna davvero la fine di un’epoca. La sua voce stridula e inconfondibile, la sua presenza scenica imprevedibile e la sua storia tormentata ma leggendaria hanno reso Ozzy il simbolo stesso dell’heavy metal. In questo momento, riascoltare 13, l’ultimo album in studio dei Black Sabbath, assume un significato ancora più intenso: è il testamento sonoro di una delle band più influenti di sempre, e l’ultima volta in cui Ozzy ha prestato la voce alla creatura che aveva contribuito a generare più di quarant’anni prima.

La buona notizia, scrivevamo all’epoca, era che i Black Sabbath, da molti considerati il gruppo heavy metal per eccellenza, erano tornati. La brutta era l’annullamento della data italiana prevista a Milano, ma oggi tutto questo sembra lontano e secondario. Quello che resta è la musica, e 13 è un disco che vale ancora la pena ascoltare, magari “a ciclo continuo”, come faceva il sottoscritto nelle settimane successive all’uscita.

Ma veniamo all’album, la cui uscita nel 2013 era attesissima. Annunciato ufficialmente il 13 gennaio, fu preceduto il 19 aprile dalla pubblicazione di un singolo, God is Dead?, che, al di là di certe assonanze con il nostro Guccini, confermava ai fan che la magia della band era ancora viva: suoni possenti, atmosfere epiche, durata del brano “non convenzionale”. Seguirono altri singoli, come End of the Beginning, eseguito live all’interno della serie CSI, che sembrava arrivare da una finestra spazio-temporale rimasta socchiusa dai tempi di Paranoid e Master of Reality.

Il resto dell’album è una delizia per le orecchie degli amanti del suono Sabbath: cupo, denso, minaccioso, fatto di improvvise esplosioni e momenti di inquietante sospensione. La chitarra possente di Tony Iommi – sopravvissuto anche a una grave malattia – incanta e graffia; la batteria di Brad Wilk (Rage Against The Machine) si adatta perfettamente al contesto dark e ossessivo della band; e perfino quel vecchio satanasso di Ozzy Osbourne, il più scapestrato dei tre superstiti, canta con misura e vigore, come in pochi si aspettavano. A dimostrazione di quanto il disco abbia colpito nel segno, 13 è volato in cima alle classifiche britanniche e statunitensi, 43 anni dopo Paranoid.

L’aspetto che più colpisce è la qualità complessiva dell’opera: 13 non è solo un revival nostalgico, ma un disco vero, ispirato e potente. Il merito va anche al produttore Rick Rubin, barbuto guru del rock (da Johnny Cash ai Metallica), capace di tenere insieme personalità forti e rendere attuale un suono leggendario.

Qualcuno ha detto che 13 è un disco dei Black Sabbath “che fanno i Black Sabbath”. E meno male, verrebbe da dire: chi altri se non loro potevano permettersi di essere se stessi fino in fondo, anche all’ultimo giro di giostra?

Oggi, con Ozzy che se n'è andato davvero, 13 resta come il suo ultimo canto nel buio, tra dannazione e redenzione. Un addio all’altezza del suo mito.


Autore: Black Sabbath
Titolo: 13
Etichetta: Vertigo/Universal
Anno: 2013
Genere: Heavy metal

Tracklist:
End Of The Beginning
God Is Dead?
Loner
Zeitgeist
Age Of Reason
Live Forever
Damaged Soul
Dear Father

Bonus:
Methademic
Peace Of Mind
Pariah
Naivete in Black

Pro:
Il ritorno alla grande di una band mitica nel vero senso della parola, con un Ozzy sorprendentemente in forma.

Contro:
Il disco forse non aggiunge molto alla discografia del gruppo – ma oggi importa davvero?





venerdì 25 luglio 2025

Bibliodiversità di facciata: la nuova ipocrisia editoriale?

Negli ultimi anni, parlare di bibliodiversità è diventato quasi un imperativo per editori, librai, festival letterari. I cataloghi si arricchiscono – almeno in apparenza – di voci dal Sud globale, di autori afrodiscendenti, di scritture queer, di storie che attraversano i confini della lingua, del genere, della geografia. Una pluralità necessaria, sacrosanta. Ma qualcosa non torna.

Come sottolinea giustamente un articolo pubblicato su Libri e Parole, troppo spesso questi titoli vengono esposti con zelo, ma restano di fatto isolati, marginali, poco letti. È il paradosso della rappresentanza simbolica: i libri ci sono, ma non entrano davvero nel dibattito pubblico, né trovano spazio nelle classifiche o nei circoli di lettura. Rimangono sullo sfondo, quasi a segnalare che sì, anche questo esiste, ma senza cambiare nulla.

Eppure la bibliodiversità non è solo una questione di vetrine o di percentuali nei cataloghi. È una sfida culturale più profonda: significa mettere in discussione il canone dominante, aprirsi al rischio dell’alterità, lasciarsi disturbare da ciò che non conosciamo. E soprattutto: leggere, davvero. Leggere per ascoltare, non solo per esibire.

Finché non colmeremo questa distanza tra ciò che pubblichiamo e ciò che leggiamo, tra ciò che mostriamo e ciò che ci interroga, la bibliodiversità resterà una promessa non mantenuta.

L'articolo completo: Bibliodiversità di facciata?

martedì 22 luglio 2025

Allacciate le cinture: Özpetek al meglio

Ferzan Özpetek firma con Allacciate le cinture uno dei suoi film più riusciti, riuscendo a mescolare emozione, leggerezza e dolore con una sincerità rara nel panorama del cinema italiano contemporaneo. 

Al centro della storia c’è Elena (Kasia Smutniak), giovane donna ironica e indipendente, che si ritrova coinvolta in una relazione travolgente con Antonio (Francesco Arca), uomo ruvido e pieno di contraddizioni. Quel che inizia come un’attrazione fisica esplosiva evolve presto in una relazione intensa, complicata e profondamente umana.

Özpetek abbandona certi manierismi del suo cinema più barocco per concentrarsi su una narrazione più essenziale e asciutta, pur mantenendo il suo consueto affetto per i legami familiari e le relazioni non convenzionali. Il risultato è un racconto stratificato sul tempo che passa, sull’amore che cambia forma e sull’imprevedibilità della vita. Il film colpisce anche per la capacità di affrontare temi difficili — come la malattia, la morte e la trasformazione del desiderio — con una delicatezza che non rinuncia mai alla verità emotiva.

Ottima la prova del cast, con Kasia Smutniak in una delle sue interpretazioni più intense e misurate, e un sorprendente Francesco Arca, qui finalmente valorizzato in un ruolo complesso. Accanto a loro, brilla la solita "famiglia allargata" di personaggi secondari che donano ironia e tenerezza alla vicenda, in perfetto stile Özpetek.

Allacciate le cinture è un film che sa commuovere senza forzature, ricordandoci quanto l’amore – nelle sue forme più impensate – possa essere un’àncora nelle tempeste della vita. Un’opera matura, sentita, da (ri)scoprire.



lunedì 21 luglio 2025

Superman: super, ma con qualche riserva

È arrivato il momento di dare uno sguardo ravvicinato al nuovo Superman di James Gunn. Nella mia recensione appena pubblicata su Fantascienza.com (la trovate qui) analizzo pregi e difetti di un film che, tra nostalgia e ambizioni politiche, cerca di rilanciare il mito dell’Uomo d’Acciaio. 

Un film che non manca di spunti interessanti, ma che lascia anche qualche perplessità sul piano del tono e della coerenza narrativa.

Buona lettura!

lunedì 14 luglio 2025

Un altro Ferragosto, uno stanco sequel


Un altro ferragosto, film del 2024 diretto da Paolo Virzì è il sequel del film Ferie d'agosto del 1996 e tenta di riportare in scena personaggi e atmosfere del passato, ma il risultato è fiacco e disordinato.

Fin dalle prime scene, il film affonda in un caos narrativo che respinge lo spettatore, incapace di orientarsi tra troppe voci, situazioni e toni contrastanti. La sceneggiatura si affida alla nostalgia senza costruire nulla di nuovo, mentre i personaggi, svuotati e caricaturali, non riescono a suscitare empatia.

Dialoghi prevedibili e moralismi scontati completano un quadro stanco e confuso. Un sequel superfluo, che lascia solo noia e un vago imbarazzo.

sabato 12 luglio 2025

"Superman Trump": l'ignoranza al potere (con mantello)

Non bastavano le bugie, i processi, l’incitamento alla violenza, le minacce autoritarie. Ora il presidente pazzo Donald Trump si autoproclama Superman. Lo fa – come sempre – in modo plateale, infantile, con quella sua solita arroganza da bullo da cortile. Ma stavolta il ridicolo sfocia nell’oltraggioso.

Perché chiunque abbia letto anche solo un fumetto in vita sua sa che Superman è l’antitesi di Trump. Superman è l’alieno che abbraccia l’umanità, il rifugiato che crede nella giustizia, nel bene comune, nella verità. Trump è l’uomo che semina odio, disprezza i più deboli, mente come respira e considera la giustizia un fastidio da manipolare.

Superman è altruismo, umiltà, sacrificio. Trump è ego, vanagloria e disprezzo per le regole. Superman salva. Trump ruba, stupra, corrompe, distrugge.

Il fatto che si paragoni a un eroe così profondamente morale non è solo ridicolo: è un insulto a chi crede ancora in qualche valore. È la prova definitiva della sua totale ignoranza culturale, del suo narcisismo infantile e dell'abisso morale in cui ci vuole trascinare.

Il mantello, Donald, non basta indossarlo. Bisogna meritarselo.






martedì 8 luglio 2025

Dazi, minacce e deliri: il circo tariffario del presidente pazzo

© Getty Images

Ah, il grande “presidente dagli artigli d'acciaio” Trump, che gioca alla guerra commerciale come un bambino con i Lego! prima annuncia dazi fino al 70 %, poi li posticipa al 1° agosto perché i tempi “potrebbero cambiare”, poi espande la lista a 14 Paesi, minaccia nuovi 10 % aggiuntivi a chi si allea con i BRICS… e intanto i mercati affondano come barche alla deriva, con il Dow in rosso per oltre 600 punti.

Questa rincorsa di email minacciose — annunciate come se fossero missivi nuclear-politici — è la quintessenza della “tariffa-terapia”: fumo e nervosismo, ma nessuna strategia seria. Il problema? Trump sembra ignorare che i dazi picchiano sui portafogli degli americani, non sulle economie straniere. E, ciliegina sulla torta, molto di ciò è illegale: un tribunale lo ha nuovamente accusato di aver oltrepassato i suoi poteri esecutivi.

Insomma: è il remake del bizzarro show “Liberation Day”, con Trump che oscilla tra minacce, proroghe e ritiri, e i Paesi si chiedono se il dialogo sia reale o solo un’altra puntata di questa soap protezionista. Alle sue sporche mani da bambino che gioca col fuoco, il mondo risponde con timori sui costi di gas, auto e uova, mentre le borse sprofondano e la credibilità va in vacanza.

In sintesi, assistiamo a un balletto costoso, destabilizzante, legale grigio e – sopra ogni cosa – profondamente incoerente. Una dimostrazione lampante di come non si governa l’economia globale: dazi sì, no, con calma poi forse, a meno che non vi si alleino coi BRICS… e alla fine gli unici a rimetterci sono cittadini, imprese e investitori.

domenica 6 luglio 2025

Libri da leggere a luglio


Udite udite! Nonostante la calura asfissiante, che brucia sinapsi e inzuppa le stanche membra, è online la nuova puntata della mia rubrica mensile di consigli di lettura sul blog magazine Libri e Parole!

Per questo luglio vi propongo storie intense, originali e sorprendenti — tra cui il toccante memoir di Joan Baez, un libro affascinante, che racconta il suo mondo interiore con la stessa forza con cui ha vissuto musica e battaglie civili.

Scoprite tutti i titoli consigliati qui:

venerdì 4 luglio 2025

Shrinking: Un'occasione mancata nonostante i temi importanti

Ho appena terminato la visione della serie Shrinkingprodotta da Apple TV+,  e, devo ammetterlo, la serie mi ha lasciato con un retrogusto di delusione. Nonostante tocchi temi estremamente rilevanti come il lutto, la salute mentale e le dinamiche familiari, la sua esecuzione complessiva risulta purtroppo noiosa e scialba.

Il problema principale, a mio avviso, risiede nel suo tono eccessivamente da soap opera. Le situazioni, i dialoghi e persino le reazioni dei personaggi sono spesso amplificati in maniera poco credibile, rendendo difficile empatizzare con le loro vicende. Questa enfasi, oscillante tra il grottesco e il melodrammatico, finisce per svilire la profondità degli argomenti trattati, trasformandoli in pretesti per scene più ad effetto che autenticamente sentite.


A ciò si aggiunge un "over acting" evidente da parte di alcuni membri del cast, che contribuisce a rafforzare la sensazione di trovarsi di fronte a una finzione esagerata piuttosto che a una rappresentazione realistica. Le interpretazioni spesso forzate tolgono credibilità alle situazioni, rendendo difficile immergersi completamente nella narrazione.


L'unica nota positiva, un vero e proprio raggio di sole in questo panorama un po' grigio, è Harrison Ford. La sua performance è, come sempre, caratterizzata da una asciuttezza e professionalità impeccabili. Riesce a rendere il suo personaggio credibile e sfaccettato, anche con poche battute o espressioni. Tuttavia, è proprio qui che si percepisce la sensazione di un talento sprecato: Ford sembra quasi un gigante in un campo troppo piccolo per lui, e il suo contributo, pur eccellente, non basta a sollevare le sorti complessive della serie.


Shrinking aveva tutte le carte in regola per essere una serie profonda e toccante, ma la scelta di un approccio troppo superficiale e con toni troppo da soap, aggravata inoltre da interpretazioni altalenanti, l'ha resa un'occasione mancata. Peccato, perché i temi meritavano decisamente di più.

mercoledì 2 luglio 2025

Addio a Jim Shooter, gigante dei comics

Photo © Adam Light 1982

Con la scomparsa, il 30 giugno scorso, di Jim Shooter se ne va una delle figure più controverse ma fondamentali del fumetto americano. Amato, temuto, criticato, ma mai ignorato, Shooter ha lasciato un’impronta indelebile sul mondo dei comics, in particolare alla Marvel, dove negli anni Ottanta ha contribuito a trasformare (secondo alcuni addirittura a salvare), l’azienda in una potenza editoriale e commerciale.

Entrato giovanissimo nel mondo dei fumetti – a soli tredici anni scriveva già storie per la Legion of Super-Heroes della DC – Jim Scooter Shooter si è fatto strada con determinazione, fino a diventare editor-in-chief della Marvel dal 1978 al 1987. In quel periodo ha imposto ordine, rilanciato personaggi, valorizzato autori, introdotto nuove testate e supervisionato alcune delle saghe più memorabili del periodo.

Il suo nome resta legato a titoli diventati cult, come Uncanny X-Men, Daredevil, Fantastic Four, The Avengers, tutti rifioriti grazie anche alla sua gestione decisa, a volte dura, ma spesso efficace. Ha scoperto e lanciato talenti, ha imposto scadenze rigorose e standard qualitativi alti, contribuendo a traghettare il fumetto mainstream americano verso una nuova maturità.

Certo, non tutto gli si può perdonare. La sua creatura forse più celebre e al tempo stesso più discussa resta Secret Wars, il primo grande crossover Marvel pensato espressamente per vendere giocattoli. Un’operazione commerciale riuscitissima, che però segnò l’inizio della serializzazione - evento a tavolino, aprendo la strada a decenni di continuity complicate e marketing narrativo. Da lettore, non glielo perdono. Ma da osservatore del mercato, bisogna riconoscergli un’intuizione vincente.

Jim Shooter è stato tante cose: sceneggiatore, editor, stratega, innovatore e, sopra ogni altra cosa, un visionario. Senza di lui, il fumetto americano – e non solo quello Marvel – sarebbe stato diverso. Meno ricco, forse meno professionale, e sicuramente meno ambizioso.

Addio, Jim. Anche quando non eravamo d’accordo, sapevamo che ci stavi portando da qualche parte.

Sangue sulle mani di Trump

L’America piange l’omicidio di Charlie Kirk , influencer e attivista del movimento Maga e amico-consigliere di Donald Trump. Un delitto che ...