Siamo diventati come i cani di Pavlov, ma con meno dignità e molta più ansia da prestazione digitale. Non bastava lo smartphone che strepita ogni trenta secondi per avvisarci che un bot ha messo "mi piace" a una foto di tre anni fa o che il gruppo della scuola ha prodotto l’ennesimo saggio sull'umidità in palestra.
No, abbiamo sentito l'urgenza evolutiva di legarci al polso un dispositivo elettronico che ci frusta la pelle a ogni notifica inutile, così siamo sicuri di non perderci nemmeno un secondo di questo rumore di fondo che chiamiamo vita.
È fantastico vedere la gente che interrompe discorsi, cene e momenti di rara intimità perché il polso ha vibrato: deve essere sicuramente un’emergenza internazionale, mica l’avviso che un’app di food delivery sente la nostra mancanza.
Siamo passati dall'avere il mondo in tasca all'essere al guinzaglio di un aggeggio che ci ordina pure quando respirare, perché chiaramente siamo troppo rincoglioniti per farlo da soli senza un grafico colorato che ce lo confermi.
Complimenti a tutti noi, davvero: un tempo ci si ribellava alle catene, oggi le paghiamo di buon grado diverse centinaia di euro e le carichiamo ogni santo giorno per assicurarci che non ci lascino mai in pace.
