Il nuovo album del rocker neo sessantenne (guardatelo bene però, e ditemi se dimostra la sua età) Lenny Kravitz, Blue Electric Light, uscito il 24 maggio 2024, segna il suo ritorno dopo una pausa di sei anni dall'album Raise Vibration del 2018.
Il disco presenta una miscela di elementi classici di Kravitz e nuove esplorazioni sonore, con l'eclettico rocker che suona la maggior parte degli strumenti, a eccezione dei fiati.
Il brano di apertura, It's Just Another Fine Day (In This Universe of Love), imposta un tono rilassato e funky, che ricorda suoi lavori precedenti della fine degli anni '90.
Il singolo irresistibile che ha fatto da apripista al disco, TK421 offre un groove accattivante, guidato dal sassofono, perfetto per una colonna sonora estiva.
L'album oscilla tra brani più energici come Paralyzed che mostra un potente riff di chitarra e un assolo con il talk box, e canzoni più leggere e ballabili come la piacevole Human.
In tutto l'album si nota un'affascinante mescolanza di influenze degli anni '70 e '80, con tracce come Love Is My Religion e Spirit in My Heart che promuovono messaggi di pace e amore, temi da sempre centrali nella musica di Lenny.
In generale, Blue Electric Light conferma l'abilità di Kravitz nel comporre brani rock ben realizzati e d'impatto, ma non introduce novità radicali, continuando invece a offrire un buon rock classico infuso di soul. Il che, se permettete, non è poco di questi tempi. E dunque bentornato, Lenny.
Con Tutto d’un fiato,pubblicato da Mondadori nella collana XS, Antonio Moresco stupisce i suoi fedeli lettori cimentandosi in un genere narrativo non facile, il racconto. Una dimensione che lo scrittore affronta a modo suo, con un testo asciutto, dalla prosa essenziale ma levigata. Poche decine di pagine che si leggono, parafrasando il titolo del racconto, davvero tutte d’un fiato.
È un testo dal sapore spiccatamente autobiografico, quasi un’istantanea “on the road”, che ci mostra lo scrittore in viaggio di notte da Milano fino all’estremo sud della penisola.
La narrazione è attraversata da una nota inquietante quasi noir, il pericolo determinato dalla stanchezza mortale e dal sonno incombente che assediano l’uomo al volante, mentre la sua compagna dorme sul sedile accanto, vinta dalla stanchezza. Tra un sorpasso e uno sbandamento, mentre lotta per rimanere sveglio, l’uomo al volante si abbandona al flusso incessante dei propri pensieri. Compie riflessioni lucide e taglienti sulla situazione economica e politica del nostro paese, sulla sua condizione di scrittore emerso tardivamente dall’ombra, ma – almeno questo è il pensiero di Moresco – condannato comunque all’irrilevanza.
Eppure, nonostante l’amarezza e la cupezza, accentuate forse anche dallo sfondo della notte e dallo stato di spossatezza, il protagonista è allo stesso tempo sorpreso e come rianimato da una nuova consapevolezza. Una nuova realtà che assume per lui il carattere dell’imprevedibilità, quasi di un miracolo.
Chi disprezza le serie televisive "a prescindere", per citare il grande Totò, a mio avviso commette un errore. Accanto a molta, prevedibile paccottiglia che infesta palinsesti e piattaforme, ci sono infatti dei prodotti eccellenti.
Ne è un esempio la miniserie (in appena 2 puntate, caso raro e quanto mai gradito) Houdini, prodotta da History Channel, e presente al momento su diverse piattaforme streaming - tra queste anche, gratuitamente, su Pluto TV) - è un avvincente biopic in due parti che ripercorre la vita del famoso illusionista e escapista Harry Houdini.
Con una convincente interpretazione di Adrien Brody nel ruolo del protagonista, la serie esplora non solo le spettacolari esibizioni di Houdini, ma anche gli aspetti più intimi della sua vita personale e delle sue lotte interiori. Certo, per chi come me ricorda la storica interpretazione dello strepitoso Tony Curtis nel film del 1953, il confronto può apparire impietoso, ma i tempi cambiano e i miti vanno, per così dire, rinverditi.
La trama segue Houdini dalla sua umile infanzia fino a diventare una celebrità internazionale, mettendo in luce i suoi trucchi più famosi e le sue innovative tecniche di escapologia. La serie si sofferma anche sui suoi sforzi per smascherare i falsi medium e le sue relazioni personali, in particolare con la moglie Bess, interpretata da un'affascinante Kristen Connolly.
Uno degli aspetti migliori della miniserie è la cura dei dettagli storici e la rappresentazione delle esibizioni di Houdini. La regia di Uli Edel riesce a creare un'atmosfera immersiva che cattura l'essenza dell'epoca in cui Houdini visse, rendendo giustizia alla sua straordinaria personalità e alle sue incredibili imprese.
La colonna sonora, nient'affatto classicheggiante, la fotografia e il montaggio serrato contribuiscono a rendere Houdini una visione coinvolgente, mentre la sceneggiatura riesce a bilanciare abilmente gli elementi drammatici con quelli biografici.
Nonostante alcune inevitabili licenze narrative, la serie riesce a mantenere un buon equilibrio tra intrattenimento e fedeltà storica.
Si tratta insoma di una miniserie interessante e riuscita non solo per gli appassionati di storia e magia, offrendo uno sguardo affascinante sulla vita di uno degli artisti più enigmatici del XX secolo.
La caffettiera del masochista di Donald Norman offre una prospettiva inedita sull'interazione tra l'uomo e la tecnologia, esplorando il design degli oggetti di uso quotidiano. Norman ci guida attraverso un viaggio intellettuale, esaminando il perché alcune cose funzionino bene mentre altre diventano fonte di frustrazione.
Il libro si apre con una riflessione provocatoria sulla nostra relazione con gli oggetti, presentando il concetto di "caffettiera del masochista" come metafora per i dispositivi mal progettati e che proprio per questo ci fanno sentire inetti. Norman argomenta con chiarezza che il design non dovrebbe mai essere una sfida per gli utenti, ma piuttosto facilitare l'interazione.
Punto di forza del libro è la capacità di Norman di tradurre argomenti complessi in un linguaggio accessibile. Il suo stile di scrittura lineare e accattivante rende il libro adatto sia agli esperti di design che ai neofiti. Attraverso esempi pratici e aneddoti, il libro cattura l'attenzione del lettore, offrendo insight sulla psicologia dell'utente e sull'importanza di un design intuitivo.
Norman approfondisce le sfide del design moderno, esaminando criticamente prodotti di successo e insuccessi clamorosi. Dallo smartphone alle caffettiere, l'autore dimostra come il design impatti direttamente sulla nostra esperienza quotidiana. La sua analisi degli errori di progettazione passati offre preziose lezioni per coloro che cercano di creare prodotti che siano davvero user-friendly in futuro.
Un altro aspetto importante è la riflessione sull'aspetto emotivo del design. Norman sostiene che il design efficace non si limita alla funzionalità, ma deve anche risuonare con gli utenti a un livello emotivo. Questo approccio olistico al design è presentato in modo convincente attraverso esempi che dimostrano come una connessione emotiva possa trasformare un semplice oggetto in un compagno fidato.
La caffettiera del masochista è una lettura illuminante per chiunque sia interessato al design e all'interazione uomo-macchina. Soprattutto, Norman invita i lettori a riflettere sul design che li circonda e a considerare come potrebbe essere migliorato per rendere la vita quotidiana più semplice e piacevole.
Rebel Moon - Parte 2: la sfregiatrice di Zack Snyder riprende esattamente da dove il primo capitolo ci aveva lasciati, con la resistenza del pianeta Veldt impegnata in una lotta disperata contro l'oppressivo Impero.
La protagonista Kora, interpretata con convinzione da Sofia Boutell, continua a guidare il movimento ribelle, mentre nuove alleanze si formano e vecchi nemici tornano in scena, portando la guerra verso un'escalation epica.
Regia e Sceneggiatura
Una premessa doverosa: al sottoscritto Snyder nel complesso piace. Non sarà Spielberg o Kubrick, ma sa come creare immagini e sequenze epiche, a patto che non lo si lasci strafare.
Considero la conclusione della sua collaborazione con la D.C. una iattura. Il suo Superman e la sua Justice League sono magnifici, e la sua lettura dell'eroe di Krypton è a mio avviso vincente, sul piano visivo ma anche della comprensione del personaggio, che nella visione del regista assurge quasi al rango di divinità.
Per tornare alla saga (per ora in 2 parti, ma è probabile che prosegua, visto il successo) Rebel Moon, Snyder dimostra ancora una volta il suo innegabile talento nel creare mondi visivamente mozzafiato e sequenze d'azione coinvolgenti. Tuttavia l'uso eccessivo e ripetuto a oltranza del rallenty - vedi la ripresa estenuante della mietitura del grano - risulta a tratti ridondante e spezza a tratti il ritmo del film, rendendo alcune scene meno efficaci di quanto potrebbero essere.
Intendiamoci, rispetto al primo film, si nota qualche miglioramento: la sceneggiatura, co-scritta da Snyder, Shay Hatten e Kurt Johnstad, approfondisce ulteriormente i personaggi e le loro motivazioni, ma spesso cade in un eccessivo schematismo, che rende alcuni personaggi troppo prevedibili e tagliati con l'accetta.
Cast e Interpretazioni
Sofia Boutella nel ruolo di Kora, sfoggia praticamente una sola espressione, perennemente imbronciata o furibonda, il che rende il suo personaggio monocorde e nient’affatto simpatico.
Problema del resto comune a gran parte del cast dei “buoni”. Inoltre alcuni personaggi, come il robot che indossa un ridicolo copricapo munito di corna e il Bennu, gigantesco uccello mitologico, sfiorano il comico involontario, smorzando l'intensità drammatica di alcune scene. Diciamo che si giunge quasi a fare il tifo per "i cattivi", ecco.
Ed Skrein invece, nel ruolo del cattivo, “ovviamente” sadico e psicopatico, offre un’interpretazione davvero notevole.
Effetti Visivi e Colonna Sonora
Gli effetti visivi sono semplicemente spettacolari. Le battaglie spaziali e le ambientazioni futuristiche sono realizzate con una cura dei dettagli che lascia a bocca aperta.
La colonna sonora, composta da Junkie XL, accompagna bene le immagini, esaltando le emozioni e l'epicità della narrazione “alla Snyder”, beninteso. Ossia esagerate sul piano visivo ma scarnificate su quello narrativo.
Tematiche e Messaggi? Sul serio?
Inutile e forse ingeneroso voler rinvenire chissà quali messaggi reconditi nel film. Diciamo che Snyder esplora a modo suo tematiche come la lotta per la libertà, il sacrificio e la speranza e ci ricorda l'importanza della resistenza contro l'oppressione e il potere della solidarietà umana.
Insomma, Rebel Moon - Parte 2: la sfregiatrice espande l'universo creato da Snyder e offre un'esperienza cinematografica visivamente impressionante e in tal senso appagante.
Nonostante alcuni difetti, come l'uso eccessivo del rallenty, certe cadute nel comico involontario e la caratterizzazione a volte troppo schematica dei personaggi, il film riesce a coinvolgere e a stupire, soddisfacendo i numerosi fan del primo capitolo e attirando nuovi spettatori nel suo mondo, forse fracassone ma innegabilmente epico.
Doug Ingle, fondatore e tastierista dei mitici Iron Butterfly, è morto il 24 maggio 2024 a 78 anni.
Ingle era noto soprattutto per aver scritto e cantato il brano In-A-Gadda-Da-Vida del 1968, un brano prog-psichedelico di ben 17 minuti che ha venduto 30 milioni di copie e che ha influenzato intere generazioni di musicisti, compreso un certo David Gilmour...
Si è a lungo discettato sul significato recondito, addirittura mistico, del titolo della celebre canzone. Ma a dire il vero altro non sarebbe che una sorta di corruzione della frase "In the Garden of Eden" ("Nel Giardino dell'Eden" in italiano).
Secondo la leggenda, durante una sessione di registrazione, il compianto Doug era piuttosto alticcio e pronunciò la frase in modo confuso, risultando in "In-A-Gadda-Da-Vida". Il produttore della band trovò la frase affascinante e decise quindi di mantenerla come titolo della canzone. A volte l'arte è anche questo, casualità, improvvisazione, in una parola, genio.
Cane Mangia Cane è un film del 2016 diretto dal grande Paul Schrader, tratto dall'omonimo romanzo di Edward Bunker. Con Nicolas Cage e Willem Dafoe come protagonisti, il film è un tuffo nel mondo oscuro e violento della criminalità, raccontato attraverso una lente che mescola il noir con un tocco di surreale dark comedy, un po' alla Tarantino per capirci.
La trama
La trama segue tre ex-detenuti, Troy (Nicolas Cage), Mad Dog (Willem Dafoe) e Diesel (Christopher Matthew Cook), che cercano di reinserirsi nella società dopo essere stati rilasciati dal carcere. Tuttavia, la loro vita fuori dalle sbarre si rivela altrettanto problematica e caotica. Decidono di accettare un ultimo lavoro: rapire un bambino per conto di un gangster locale. Ma come spesso accade in questo genere di storie, le cose non vanno come previsto, e i tre si trovano a dover affrontare conseguenze letali.
Regia e sceneggiatura
Paul Schrader, noto tra l'altro per il suo lavoro su Taxi Driver e American Gigolo, porta la sua visione unica al film, creando un'atmosfera cupa e tesa, che oscilla tra momenti di pura follia e riflessioni sull'inevitabilità del destino dei suoi protagonisti. La regia è stilisticamente audace, con un uso efficace della colonna sonora e delle inquadrature, che sottolineano il caos emotivo e morale dei personaggi. I primi minuti del film sono in tal senso una sorta di manifesto programmatico del mix di stili adottati di volta in volta dal regista.
Gli attori
Nicolas Cage offre una performance contenuta e riflessiva nel ruolo di Troy, un leader riluttante che cerca disperatamente di mantenere il controllo. Cage riesce a bilanciare momenti di intensità con una calma quasi inquietante.
D'altra parte, Willem Dafoe è forse il vero spettacolo del film. Il suo Mad Dog è un personaggio imprevedibile e selvaggio, e Dafoe lo interpreta con una ferocia e un'energia che rubano la scena. La sua performance è tanto affascinante quanto disturbante, aggiungendo una dimensione profonda al film.
Tematiche e Stile
Il film esplora temi come la redenzione, la violenza e l'ineluttabilità del destino. Schrader non ha paura di mostrare la brutalità del mondo in cui i personaggi vivono, ma allo stesso tempo riesce a inserire momenti di umorismo nero che alleviano la tensione, rendendo il film una visione affascinante e complessa. La violenza, sebbene grafica, non è mai gratuita, ma serve a evidenziare la desolazione e la disperazione dei personaggi.
Cane Mangia Cane non è certo un film per tutti. La sua natura brutale e il suo tono irregolare possono risultare difficili da digerire per alcuni spettatori. Tuttavia, per coloro che apprezzano i film noir e le storie di criminali tormentati, questa pellicola offre una visione avvincente e memorabile.
Con performance potenti da parte di Cage e Dafoe, e la direzione esperta di Schrader, si distingue come un film che, nonostante i suoi difetti, lascia un'impronta duratura.
Qualche tempo fa ho partecipato con un mio racconto a Iustitia Mortis, un'antologia dall'argomento particolarmente interessante, anche se... non troppo allegro, forse: la morte.
Per molti versi infatti essa ci appare tristemente infausta, eppure è anche evidentemente un percorso della vita stessa e della sua evoluzione. La scomparsa di una persona cara ci lascia un vuoto incolmabile, eppure spesso, a ben vedere, dopo il tragico evento molti piccoli tasselli dell’esistenza sembrano andare al loro posto, come se la morte di un individuo fosse feconda e ricca di significato come la sua stessa vita.
Sono due dei tanti e piccoli misteri, delle pressanti domande che hanno creato Morte, un mito e un personaggio che gode di un certo carisma e di considerazione nelle fantasie umane come nella letteratura.
Ne è scaturita un'antologia di racconti, pubblicata da Edizioni Scudo, che si legge come un vero e proprio romanzo, ricco di riflessioni e di stupori.
In coda, l'infaticabile editor Giorgio Sangiorgi, come nel suo stile, si è riservato il piacere di chiudere il libro con un lieto fine. Per quanto possibile, ovviamente…
La copertina, suggestiva, è del maestro Luca Oleastri; le numerose (ben 26) illustrazioni interne sono realizzate da Giorgio Sangiorgi.
The Midnight Sky, diretto e interpretato da George Clooney è un film di fantascienza tratto dal romanzo La distanza tra le stelle (Good Morning, Midnight) di Lily Brooks-Dalton e distribuito suNetflix a fine dicembre 2020, in piena pandemia. Il che ha probabilmente contribuito al suo successo, per i ben noti motivi.
Ambientato in un futuro post-apocalittico, il film trasporta gli spettatori in paesaggi glaciali suggestivi e desolati, che sono uno dei suoi punti di forza principali. La scenografia e la fotografia catturano l'immensità e la bellezza dell'ambiente artico, creando un'atmosfera di isolamento e disperazione che permea l'intera pellicola.
Il cast si impegna notevolmente. Clooney, nel ruolo del solitario scienziato Augustine Lofthouse, offre una buona performance, a dispetto di un disturbante aspetto da burbero eremita. Felicity Jones e gli altri membri del cast, inclusi David Oyelowo, Tiffany Boone, Demián Bichir e Kyle Chandler, si sforzano di dare profondità ai loro personaggi, cercando di trasmettere emozioni autentiche in un contesto di sopravvivenza e speranza.
Tuttavia, nonostante questi aspetti positivi, il film nel complesso delude. La trama risulta essere prevedibile e poco coinvolgente. La narrazione manca di ritmo, con lunghe sequenze che sembrano trascinarsi senza apportare reale sviluppo alla storia o ai personaggi. La connessione emotiva con i protagonisti è spesso debole, rendendo difficile per gli spettatori appassionarsi alle loro vicende.
The Midnight Sky cerca di affrontare temi profondi come la solitudine, la redenzione e il futuro dell'umanità, ma lo fa in modo superficiale e didascalico. I dialoghi a tratti appaiono forzati e poco naturali, impedendo una piena immersione nella trama. Inoltre alcune scelte narrative sembrano esagerate e poco credibili, compromettendo ulteriormente l'esperienza complessiva.
Si tratta insomma di un film che, nonostante una messa in scena visivamente splendida e un cast volenteroso, non riesce a emergere dalla mediocrità a causa soprattutto di una narrazione poco avvincente.
Sherry Turkle, eminente psicologa e docente di sociologia della scienza al prestigioso MIT di Boston, studia da decenni le complesse interazioni tra il mondo dell'informatica, visto nei suoi vari aspetti, e la società contemporanea.
In passato ho molto apprezzato un altro suo saggio, La vita sullo schermo(Apogeo, 1997), che analizzava le ancora giovani relazioni uomo – macchina, affrontate con particolare riferimento all'allora nascente dimensione virtuale. La visione della studiosa in quel periodo era tutto sommato di prudente ottimismo, in quanto non considerava necessariamente negativi fenomeni quali gli “avatar” e gli allora in voga Second Life e Myspace.
In Insieme ma soli, saggio uscito qualche tempo fa ma tuttora di grande attualità, il suo giudizio sugli effetti psicologici indotti dall'uso – anzi, dall'abuso, diciamocelo francamente – delle moderne tecnologie sembra mutato in senso negativo.
Oggi la dilagante e onnipresente presenza nelle nostre vite di dispositivi quali smartphone e tablet cambia in maniera irreversibile i nostri comportamenti, sfociando non di rado in vere e proprie manifestazioni patologiche. Pensiamo alle frotte di “zombie digitali” fermi al semaforo o addirittura deambulanti in mezzo al traffico con lo sguardo e le dita incollati allo schermo dello smartphone.
La Turkle indaga a fondo su questi fenomeni, spiegandoli in chiave affatto consolante. Il ricorso ossessivo allo smartphone è spesso espressione di un disagio esistenziale: fermi alla fermata dell'autobus o seduti in sala d'attesa, vediamo giovani – ma non solo – controllare compulsivamente se hanno ricevuto messaggi sulle varie piattaforme, Facebook in primis.
Il più delle volte si tratta di una sorta di azione automatica, non realmente necessaria. E se entrano appunto sui vari social media lo fanno non per entrare realmente in contatto con altri soggetti, limitandosi a inserire nuovi “Like” o a verificarne numero e presenza.
Si cade vittime – suggerisce la Turkle – di un pericoloso abbaglio, nel confondere azioni come postare “status” e condividere foto, ecc. con la comunicazione vera e propria. Quasi come se stessimo fuggendo dall'impegno, ma anche dalla maggiore gratificazione, di un'autentica relazione nel mondo reale, a tutto vantaggio, si fa per dire, di una connessione puramente digitale.
Non a caso le nuove generazioni tendono a telefonare sempre meno – ne hanno preso atto naturalmente anche i gestori telefonici, che oggi infatti privilegiano l'offerta di connettività Internet alla tradizionale offerta “voce” – preferendo alla comunicazione verbale il ricorso alle chat: minore esposizione personale dunque, al riparo dei vari profili social. I quali spesso corrispondono poco alla realtà, legati come sono al numero dei contatti e del look che si vuole trasmettere: presenze senza sostanza, in definitiva.
Non solo: Sherry Turkle ha dedicato molti anni anche alle complesse dinamiche uomo – robot. Dai primi giochi interattivi degli anni Ottanta all'avvento dei famigerati Furby e della robotica domestica, la nostra percezione di quelle che prima o poi si manifesteranno come vere e proprie I.A. (Intelligenze Artificiali) sta cambiando: in molti sembrano preferire la compagnia di un cucciolo digitale a quella di un animale vero e anche la prospettiva di badanti e nurse robotiche sembra allettante per più d'uno.
Scenari fantascientifici, da bollare come fantasie da film hollywoodiano? Niente affatto, ci avverte la Turkle: queste tecnologie stanno progredendo a grande velocità, e dovremo fare i conti con esse quanto prima, quantomeno per non smarrire del tutto la nostra umanità.
The Walker è un film del 2007 diretto dal leggendario Paul Schrader, uno dei principali esponenti della cosiddetta New Hollywood, in questi giorni a Cannes col suo nuovo film, che ci porta nel mondo intrigante e complesso della politica e del potere a Washington D.C.
La pellicola segue le vicende di Carter Page III, interpretato magistralmente da Woody Harrelson, un uomo di mondo che si guadagna da vivere accompagnando ricche signore dell’alta società.
Woody Harrelson, in questo ruolo, offre una performance di rara intensità e raffinatezza. Il suo personaggio, Carter Page III, è sofisticato, elegante e profondamente umano. Harrelson riesce a trasmettere la vulnerabilità e il conflitto interiore di Carter con una naturalezza che solo i grandi attori sanno mettere in scena. Il suo carisma e la sua capacità di dominare lo schermo fanno di lui il cuore pulsante del film. Harrelson, con la sua interpretazione, dimostra ancora una volta la sua versatilità e il suo talento innato.
Accanto a lui troviamo un cast eccezionale, tra cui spicca la leggendaria Lauren Bacall. Bacall, un'icona del cinema hollywoodiano del tempo che fu, porta con sé una presenza scenica ineguagliabile. Nel ruolo di Abigail Delorean, una delle amiche di Carter, Bacall riesce a incarnare con grazia e autorità la sofisticazione e il mistero della vecchia Hollywood. La sua performance è una delizia per gli appassionati di cinema, offrendo un richiamo nostalgico ai giorni d'oro del grande schermo.
La trama del film si sviluppa attorno a un mistero che coinvolge un omicidio e gli intrighi politici, con Carter che si trova invischiato in una situazione che minaccia di distruggere il suo mondo ben curato. La regia di Paul Schrader, noto per il suo lavoro su film come Taxi Driver e American Gigolò, è precisa e attenta ai dettagli, creando un'atmosfera tesa e avvincente. I tempi sono quelli di un film "classico", non forsennati e convulsi come in certi thriller fracassoni di oggi. Il che è un bene: una lezione di cinema da uno dei più grandi cineasti ancora in attività.
Forse uno dei limiti del film si può rinvenire nella risoluzione un po' confusa e frettolosa della trama gialla, ma The Walker non è solo un thriller politico, ma anche e direi soprattutto un ritratto profondo di un uomo che vive ai margini del potere, con la costante sensazione di essere fuori posto nel mondo che lo circonda. Schrader utilizza infatti questa storia per esplorare temi a lui cari come la solitudine, la lealtà, la corruzione e la decadenza morale.
Consentitemi una segnalazione spudoratamente autoreferenziale, cari amici. È uscito, nella collana Innsmouth di Delos Digital diretta da Luigi Pachì, un mio racconto, Sfasamenti.
Ascrivibile al genere weird - avete presente i mitici telefilm Ai confini della realtà? - esula da certi tipici scenari horror o noir di miei precedenti lavori.
Per certi versi lo si potrebbe anzi considerare una storia d’amore, sia pure tormentata e misteriosa. Ma non voglio aggiungere altro, per non fare dell’odioso e soprattutto autolesionista spoiler.
La trama in breve:
Anna ha quarant'anni e lavora in un'importante clinica della capitale. Divorziata, è madre di due figli adolescenti. Da qualche tempo si sente molto agitata ed è affetta da strani disturbi: a tratti ha l’impressione di vedere luoghi e ambienti sovrapposti a quelli reali. Inoltre le accade sempre più spesso di sognare il nonno e l’ex fidanzato, entrambi scomparsi da decenni.
Non riesce a trovare rimedi alla situazione, finché una notte riceve un’assurda telefonata da qualcuno che si spaccia per il compagno morto. Ma è veramente lui, un fantasma o… un’altra versione del ragazzo che amava?
L’ebook è acquistabile, a prezzo poco più che simbolico, sulle principali piattaforme on line, oppure direttamente dal sito dell’editore:
Estraneo a bordo, film del 2021 diretto da Joe Penna, si presenta come un thriller di fantascienza, ma delude su più fronti. La trama è prevedibile fin dall'inizio: l'ennesima missione spaziale verso Marte viene complicata dalla presenza di un clandestino a bordo.
La narrazione non offre nulla di nuovo, seguendo pedissequamente gli stereotipi del genere senza introdurre alcuna innovazione, se non una blanda tensione di fondo.
L'ambientazione, sebbene tecnicamente ben realizzata, risulta già vista troppe volte e manca di originalità. Lo sviluppo degli eventi è scontato, con colpi di scena telefonati che non riescono a sorprendere lo spettatore.
I personaggi, interpretati da un cast volenteroso, non riescono a brillare a causa di dialoghi banali e una sceneggiatura sonnacchiosa.
Tra gli attori segnalo la prova, come sempre professionale, di Daniel Dae Kim, volto noto agli appassionati di serie televisive (Hawaii Five-O, New Amsterdam, Lost).
Per farla breve, Estraneo a bordo è un film che non riesce a decollare, restando intrappolato in una formula già stanca e prevedibile. Chi cerca una storia avvincente e originale farebbe meglio a cercare altrove per non sprofondare nella noia.
Per i tipi di Edizioni Scudo, nella collana Earth's Tales, è appena uscito un libro molto particolare, Ultime Letture.
Si tratta di un "romanzo-antologia" di Giorgio Sangiorgi, che - è questa la particolarità - ospita al suo interno racconti (di vari generi letterari), firmati da diversi autori, tra i quali il sottoscritto.
La scheda del volume:
Due vecchi amici hanno l’occasione di trascorrere quelle che saranno le loro ultime giornate insieme. Anche per sfuggire all’imbarazzo di questa situazione, decidono che ad ogni loro incontro leggeranno un racconto di un’antologia che si intitola “Ultime letture”. Questo darà modo loro di continuare un dibattito sulla natura dell’esistenza, portato avanti per una vita intera. Ma la cosa diventa anche più drammatica: un vero rito per scongiurare il più possibile un infausto evento.
Giorgio Sangiorgi costruisce quindi un romanzo che è anche un’antologia di racconti, un po’ come “Le mille e una notte”. Gli autori che lo hanno affiancato in quest’impresa sono: Elisa Tomassi, Roberto Furlani, Annarita Stella Petrino, Marco Donna, Michela Poggio, Andrea Cabassi, Simone Orlandi, Francesco Cotrona, Luigi Milani, Luigi Valerio, il7 Marco Settembre, Marco Orlandi, Carlo Alberto Bentivoglio.
The Menu è un film del 2022 diretto da Mark Mylod, che mescola abilmente elementi di thriller, satira e horror. La trama segue un gruppo di selezionati ospiti che si recano su un'isola remota per vivere un'esclusiva esperienza culinaria orchestrata dal rinomato chef Julian Slowik, interpretato da un Ralph Fiennes altezzoso e ispirato, vagamente nazi.
Anya Taylor-Joy e Nicholas Hoult recitano nei panni di Margot e Tyler, una coppia che si trova presto a confrontarsi con un menù che nasconde sorprese ben più inquietanti di quanto si aspettassero.
La performance di Fiennes è magnetica e imperiosa, offrendo una rappresentazione complessa di uno chef ossessionato dalla perfezione. Taylor-Joy brilla come Margot, l'unica ospite che sembra resistere al fascino sinistro del menù, portando un elemento di ribellione e umanità alla storia.
La pellicola si distingue per la sua critica sottile ma feroce al mondo dell'alta gastronomia e alla cultura dell'élite, utilizzando l'ambiente di un ristorante di lusso come metafora per esplorare temi di potere, controllo e sottomissione. La tensione cresce man mano che i piatti vengono serviti, rivelando l'oscura intenzione dietro la cena.
Con una regia precisa e un'attenzione meticolosa ai dettagli visivi, The Menu non solo intrattiene ma stimola anche una riflessione critica sulle dinamiche di potere nel mondo contemporaneo. La satira sociale e il commento sulla disuguaglianza si intrecciano in una narrazione che mantiene lo spettatore incollato allo schermo fino all'ultima portata.
Certo, in un film di questo tipo la verosimiglianza e il realismo della trama non sono certo i suoi punti forti, ma possiamo sorvolare sopra queste mancanze, non fondamentali per la riuscita finale del film. Che in effetti è ben riuscito, nel suo intento provocatorio di combinare suspense e critica sociale con una punta di horror e una robusta carica di sarcasmo.
Il problema che talvolta affligge certe antologie di racconti è lo stesso che non di rado mina la validità di certe raccolte musicali, i cosiddetti "Greatest Hits": la discontinuità, la disomogeneità qualitativa. È ciò che accade puntualmente anche ne Il momento è delicato, collezione di racconti di Niccolò Ammaniti, autore peraltro di grandissimo successo, tradotto anche in molti paesi stranieri.
Il titolo allude, con una buona dose di sarcasmo, alla risposta negativa che un direttore editoriale diede molti anni all'allora esordiente Ammanniti, quando lo scrittore propose come sua opera prima un libro di racconti, appunto.
A distanza di molti anni da quel momento, Einaudi ha di recente pubblicato questo libro, come una sorta di tardiva riparazione, chissà. Del resto è ben nota l'avversione quasi patologica nutrita da molti editori nei confronti di una forma letteraria, quella dei racconti, non meno nobile e importante del "fratello maggiore" rappresentato dal romanzo.
E tuttavia, come accennavamo in apertura, non tutto è andato per il verso giusto in questa che si offre al vasto pubblico dei lettori di Ammanniti come la summa dei suoi racconti, da quello d'esordio alle prove più recenti. I racconti più riusciti sono quelli nei quali l'autore dà libero sfogo alla sua vena grottesca e surreale, quando non addirittura splatter.
Particolarmente riuscito ad esempio il racconto Giochiamo?, scritto con Antonio Manzini, un testo grottesco e truculento che vuole essere a suo modo un omaggio al grande Joe Lansdale. Divertente Alba tragica, un bizzarro racconto fantascientifico che vede protagonisti un barbone e Alba Parietti. Di nuovo con Manzini l'autore firma Sei il mio tesoro, un racconto grottesco e surreale scritto però con approccio iperrealistico: anche in questo caso il risultato è ottimo.
Diverso il discorso per un blocco di racconti dedicati all'adolescenza – dimensione che pure di solito è congeniale all'autore – tratti da Nel nome del figlio, un libro scritto anni fa in coppia con il padre, il celebre psicanalista Massimo Ammanniti. Questi risultano spesso fiacchi, quando non forzati nella struttura narrativa, che sembra risentire dell'impostazione “a tavolino” dell'opera.
Si ha la sensazione che questo libro potrebbe scontentare chi ha amato i romanzi di Ammanniti, in considerazione dell'oggettiva differenza, forse più contenutistica che stilistica, insita in questo materiale. Eppure, al contrario, sorvolando su quella sezione menzionata poc'anzi, Il momento è delicato è un'opera godibile, specie per chi non voglia avventurarsi in letture troppo impegnative.