giovedì 23 maggio 2024

“Insieme ma soli”, l'ammonimento di Sherry Turkle


Sherry Turkle, eminente psicologa e docente di sociologia della scienza al prestigioso MIT di Boston, studia da decenni le complesse interazioni tra il mondo dell'informatica, visto nei suoi vari aspetti, e la società contemporanea. 

In passato ho molto apprezzato un altro suo saggio, La vita sullo schermo (Apogeo, 1997), che analizzava le ancora giovani relazioni uomo – macchina, affrontate con particolare riferimento all'allora nascente dimensione virtuale. La visione della studiosa in quel periodo era tutto sommato di prudente ottimismo, in quanto non considerava necessariamente negativi fenomeni quali gli “avatar” e gli allora in voga Second Life e Myspace.

In Insieme ma soli, saggio uscito qualche tempo fa ma tuttora di grande attualità, il suo giudizio sugli effetti psicologici indotti dall'uso – anzi, dall'abuso, diciamocelo francamente –  delle moderne tecnologie sembra mutato in senso negativo.


Oggi la dilagante e onnipresente presenza nelle nostre vite di dispositivi quali smartphone e tablet cambia in maniera irreversibile i nostri comportamenti, sfociando non di rado in vere e proprie manifestazioni patologiche. Pensiamo alle frotte di “zombie digitali” fermi al semaforo o addirittura deambulanti in mezzo al traffico con lo sguardo e le dita incollati allo schermo dello smartphone.


La Turkle indaga a fondo su questi fenomeni, spiegandoli in chiave affatto consolante. Il ricorso ossessivo allo smartphone è spesso espressione di un disagio esistenziale: fermi alla fermata dell'autobus o seduti in sala d'attesa, vediamo giovani – ma non solo – controllare compulsivamente se hanno ricevuto messaggi sulle varie piattaforme, Facebook in primis. 


Il più delle volte si tratta di una sorta di azione automatica, non realmente necessaria. E se entrano appunto sui vari social media lo fanno non per entrare realmente in contatto con altri soggetti, limitandosi a inserire nuovi “Like” o a verificarne numero e presenza.


Si cade vittime – suggerisce la Turkle – di un pericoloso abbaglio, nel confondere azioni come postare “status” e condividere foto, ecc. con la comunicazione vera e propria. Quasi come se stessimo fuggendo dall'impegno, ma anche dalla maggiore gratificazione, di un'autentica relazione nel mondo reale, a tutto vantaggio, si fa per dire, di una connessione puramente digitale.


Non a caso le nuove generazioni tendono a telefonare sempre meno – ne hanno preso atto naturalmente anche i gestori telefonici, che oggi infatti privilegiano l'offerta di connettività Internet alla tradizionale offerta “voce” – preferendo alla comunicazione verbale il ricorso alle chat: minore esposizione personale dunque, al riparo dei vari profili social. I quali spesso corrispondono poco alla realtà, legati come sono al numero dei contatti e del look che si vuole trasmettere: presenze senza sostanza, in definitiva.


Non solo: Sherry Turkle ha dedicato molti anni anche alle complesse dinamiche uomo – robot. Dai primi giochi interattivi degli anni Ottanta all'avvento dei famigerati Furby  e della robotica domestica, la nostra percezione di quelle che prima o poi si manifesteranno come vere e proprie I.A. (Intelligenze Artificiali) sta cambiando: in molti sembrano preferire la compagnia di un cucciolo digitale a quella di un animale vero e anche la prospettiva di badanti e nurse robotiche sembra allettante per più d'uno.


Scenari fantascientifici, da bollare come fantasie da film hollywoodiano? Niente affatto, ci avverte la Turkle: queste tecnologie stanno progredendo a grande velocità, e dovremo fare i conti con esse quanto prima, quantomeno per non smarrire del tutto la nostra umanità.


Sherry Turkle

Insieme ma soli

Einaudi 2019


Video (sottotitolato):


https://www.ted.com/talks/sherry_turkle_alone_together?language=it

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