In Insieme ma soli, saggio uscito qualche tempo fa ma tuttora di grande attualità, il suo giudizio sugli effetti psicologici indotti dall'uso – anzi, dall'abuso, diciamocelo francamente – delle moderne tecnologie sembra mutato in senso negativo.
Oggi la dilagante e onnipresente presenza nelle nostre vite di dispositivi quali smartphone e tablet cambia in maniera irreversibile i nostri comportamenti, sfociando non di rado in vere e proprie manifestazioni patologiche. Pensiamo alle frotte di “zombie digitali” fermi al semaforo o addirittura deambulanti in mezzo al traffico con lo sguardo e le dita incollati allo schermo dello smartphone.
La Turkle indaga a fondo su questi fenomeni, spiegandoli in chiave affatto consolante. Il ricorso ossessivo allo smartphone è spesso espressione di un disagio esistenziale: fermi alla fermata dell'autobus o seduti in sala d'attesa, vediamo giovani – ma non solo – controllare compulsivamente se hanno ricevuto messaggi sulle varie piattaforme, Facebook in primis.
Il più delle volte si tratta di una sorta di azione automatica, non realmente necessaria. E se entrano appunto sui vari social media lo fanno non per entrare realmente in contatto con altri soggetti, limitandosi a inserire nuovi “Like” o a verificarne numero e presenza.
Si cade vittime – suggerisce la Turkle – di un pericoloso abbaglio, nel confondere azioni come postare “status” e condividere foto, ecc. con la comunicazione vera e propria. Quasi come se stessimo fuggendo dall'impegno, ma anche dalla maggiore gratificazione, di un'autentica relazione nel mondo reale, a tutto vantaggio, si fa per dire, di una connessione puramente digitale.
Non a caso le nuove generazioni tendono a telefonare sempre meno – ne hanno preso atto naturalmente anche i gestori telefonici, che oggi infatti privilegiano l'offerta di connettività Internet alla tradizionale offerta “voce” – preferendo alla comunicazione verbale il ricorso alle chat: minore esposizione personale dunque, al riparo dei vari profili social. I quali spesso corrispondono poco alla realtà, legati come sono al numero dei contatti e del look che si vuole trasmettere: presenze senza sostanza, in definitiva.
Non solo: Sherry Turkle ha dedicato molti anni anche alle complesse dinamiche uomo – robot. Dai primi giochi interattivi degli anni Ottanta all'avvento dei famigerati Furby e della robotica domestica, la nostra percezione di quelle che prima o poi si manifesteranno come vere e proprie I.A. (Intelligenze Artificiali) sta cambiando: in molti sembrano preferire la compagnia di un cucciolo digitale a quella di un animale vero e anche la prospettiva di badanti e nurse robotiche sembra allettante per più d'uno.
Scenari fantascientifici, da bollare come fantasie da film hollywoodiano? Niente affatto, ci avverte la Turkle: queste tecnologie stanno progredendo a grande velocità, e dovremo fare i conti con esse quanto prima, quantomeno per non smarrire del tutto la nostra umanità.
Sherry Turkle
Insieme ma soli
Einaudi 2019
Video (sottotitolato):
https://www.ted.com/talks/sherry_turkle_alone_together?language=it