lunedì 26 maggio 2025

Addio a Peter David

Peter David, prolifico autore di fumetti e romanzi, è scomparso il 24 maggio 2025 all’età di 68 anni, dopo una lunga battaglia contro gravi problemi di salute. Nato il 23 settembre 1956 a Fort Meade, Maryland, David ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo del fumetto e della narrativa di genere, grazie a uno stile brillante, ironico e profondamente umano.

La sua carriera decollò negli anni ’80 con la Marvel, dove scrisse la celebre saga “La morte di Jean DeWolff” per Spectacular Spider-Man. Ma fu con The Incredible Hulk che raggiunse l’apice: per oltre 12 anni, coadiuvato da disegnatori di grande talento, David reinventò il personaggio, esplorando le sue sfaccettature psicologiche e introducendo versioni memorabili come il “Joe Fixit” grigio e il “Professor Hulk”. Ricordo anche la sua versione distopica di un Hulk anziano e dispotico, disegnato magistralmente dal compianto George PerezNon solo: fu co-creatore della fortunatissima serie Spider-Man 2099



Collaborò anche con la DC Comics, firmando serie come Aquaman, Supergirl e Young Justice.


Oltre ai fumetti, David scrisse numerosi romanzi, tra cui la saga Star Trek: New Frontier, e lavorò per la televisione su serie come Babylon 5, Ben 10: Alien Force e Space Cases, quest’ultima co-creata con Bill Mumy .  


Il suo contributo è stato riconosciuto con prestigiosi premi, tra cui l’Eisner Award, il GLAAD Media Award e l’Inkpot Award. Fino alla fine, Peter David è rimasto un autore molto produttivo e amato, capace di fondere umorismo, introspezione e cultura pop in opere che hanno segnato intere generazioni di lettori.



Marvels, il capolavoro di Kurt Busiek e Alex Ross

Marvels è una di quelle opere che ogni appassionato di fumetti dovrebbe leggere almeno una volta nella vita. Firmata da Kurt Busiek ai testi e da Alex Ross alle iperrealistiche matite, la miniserie rappresenta un omaggio affettuoso e reverente all’universo Marvel classico, raccontato però da una prospettiva del tutto inedita: quella dell’uomo comune. Il protagonista, il fotografo Phil Sheldon, ci accompagna attraverso decenni di storia supereroistica, testimone silenzioso e spesso impotente di eventi straordinari che segnano l’epoca dei "Marvels", appunto.

Dal punto di vista visivo, Marvels è una gioia per gli occhi: l’arte di Ross, con il suo stile pittorico realistico e dettagliatissimo, trasforma ogni tavola in un affresco. Le splash page sono iconiche, i volti sono scolpiti nella memoria e ogni angolo dello sfondo è disseminato di easter egg, cameo, citazioni e strizzate d’occhio, alcune delle quali arrivano perfino da casa DC — una piccola sfida lanciata sottovoce ai lettori più attenti.


E tuttavia, se l’occhio viene appagato in modo quasi commovente, la scrittura risulta meno entusiasmante. La narrazione è fortemente didascalica, a tratti appesantita da un tono enfatico e troppo esplicito, come se Busiek volesse spiegare al lettore ogni singolo significato, ogni metafora, ogni collegamento con l'universo Marvel. L’effetto è che il racconto, pur mosso da sincera ammirazione, tende a soffocare sotto il peso della sua stessa reverenza. Più che una storia, Marvels sembra spesso una lezione di storia del fumetto — affascinante, certo, ma anche un po’ fredda.


Va comunque riconosciuta a Busiek la consueta, mostruosa conoscenza enciclopedica del mondo Marvel, che è una delle sue cifre stilistiche più preziose. I riferimenti incrociati, la capacità di inserire eventi secondari nel grande affresco della continuity e l’umanizzazione delle figure eroiche sono operazioni intelligenti e piene di rispetto per il materiale di partenza.


Marvels è un’opera visivamente straordinaria e intellettualmente stimolante, ma che pecca di un certo eccesso di zelo nella scrittura. Più che una storia da vivere, è una celebrazione da ammirare. E, forse, è proprio questo il suo limite.

domenica 25 maggio 2025

Quando il villain è il Presidente USA

(Photo by Justin Sullivan/Getty Images)

Diciamocelo, è diventata un'esperienza surreale — quasi straniante — guardare film e serie TV in cui compare la figura del presidente degli Stati Uniti. Per decenni, anche nei racconti più distopici, il presidente veniva rappresentato come un leader quantomeno razionale, spesso coraggioso, a volte persino eroico. Anche quando era ambiguo o corrotto, manteneva comunque una parvenza di statura istituzionale, di lucidità, di un minimo senso del limite.

E ora? Oggi questa immagine cozza violentemente con la realtà di un presidente che ha riscritto il concetto stesso di indegnità: un uomo pregiudicato, rabbioso, incoerente, incapace di articolare un pensiero che non sia egoriferito o vendicativo. Trump non è un personaggio da fiction: è troppo assurdo, troppo grottesco, troppo pericolosamente reale. E vederlo occupare — anzi rioccupare — la scena rende surreale ogni rappresentazione precedente della figura presidenziale.


Hollywood non riesce più a stare al passo con l’assurdità del presente. La realtà ha superato la satira, e in certi casi la sta pure seppellendo.

mercoledì 21 maggio 2025

Pippi Calzelunghe compie gli anni: la forza gentile dell’infanzia ribelle

Il 21 maggio del 1945, esattamente ottant'anni fa, usciva in Svezia il primo libro dedicato a Pippi Calzelunghe, la bambina più forte del mondo, dalla chioma rossa e le trecce indisciplinate, creata dalla penna di Astrid Lindgren. Un personaggio destinato a entrare nell’immaginario collettivo con la forza di un uragano, capace di ribaltare ruoli, regole e pregiudizi con una risata, una capriola e una logica tutta sua.

Pippi è anarchica, indipendente, generosa. Vive da sola – o quasi, se escludiamo il cavallo a pois e il fedele signor Nilsson – nella casa di Villa Villacolle. Non va a scuola, non ha genitori (il padre è un re dei mari, disperso in qualche isola lontana), e rifiuta con naturalezza le convenzioni borghesi. Ma non è mai sola: attorno a lei si muovono i piccoli Annika e Tommy, che ne diventano complici e ammiratori, e con cui Pippi esplora un mondo capovolto, dove gli adulti sono spesso ridicoli e l'infanzia è uno spazio di libertà autentica.

In Italia, Pippi è diventata celebre soprattutto grazie alla serie TV svedese-tedesca trasmessa dalla RAI a partire dal 1970. Protagonista era la magnetica Inger Nilsson, che con la sua espressività e il suo carisma rese il personaggio immortale per intere generazioni. La serie, doppiata in italiano e accompagnata da una sigla che è entrata nell’orecchio collettivo (“Pippi Pippi Pippi, che nome fa un po’ ridere ma però fa simpatia…”), mescolava ingenuità e trasgressione, avventura e nonsense. Gli episodi erano semplici ma irresistibili, con scenette diventate iconiche: Pippi che solleva cavalli, fa volare torte in faccia ai signorotti del paese o si traveste per confondere gli adulti.

Nonostante la produzione artigianale e l’ingenuità di certi effetti speciali, la serie mantenne intatto lo spirito dei libri: un inno all’infanzia libera, alla fantasia come arma contro la noia del mondo degli adulti. E ancora oggi, rivista a distanza di decenni, conserva un’aura magica, quasi sovversiva.

Festeggiare l'anniversario di Pippi significa tornare a quella scintilla di sfrontata immaginazione che ci ha fatto credere – almeno una volta – che si può vivere secondo le proprie regole, aiutare gli altri senza aspettarsi nulla in cambio, e affrontare il mondo con due calze spaiate e un sorriso disarmante.

In un’epoca in cui l’infanzia è spesso ipercontrollata e programmata, il messaggio di Pippi è più attuale che mai: la vera forza è essere se stessi, con gentilezza, curiosità e un pizzico di follia.

venerdì 16 maggio 2025

Nove di Ivan Graziani: un disco ricco e ancora attualissimo

C’è un album nella discografia di Ivan Graziani che merita di essere riscoperto con attenzione: Nove, pubblicato nel 1984. Spesso messo in ombra dai suoi lavori più noti, questo album rappresenta invece un momento di grande creatività, in cui il cantautore sperimenta nuove strade sonore e si circonda di musicisti straordinari, riuscendo a coniugare la sua anima rock - non dimentichiamo che Graziani era un grande chitarrista - con un suono moderno e sorprendentemente attuale.

Quello che colpisce subito è la qualità degli arrangiamenti. Lontano da certe sonorità cantautorali tipiche dell’epoca, l’album si distingue per una produzione curata e internazionale, costruita su basi elettroniche ma sempre vive e dinamiche. Il merito va anche alla squadra che accompagna Ivan in questo progetto: Paolo Gianolio alle chitarre, impeccabile e raffinato; Rudy Trevisi ai fiati, che arricchisce il suono con venature soul e jazzate; e soprattutto il grande Aldo Banfi, alle tastiere e alla programmazione, vero architetto del tessuto sonoro del disco, capace di equilibrare sperimentazione e accessibilità. Non ultimo Celso Valli, arrangiatore più che navigato, artefice di molti successi, specie in quegli anni.

Il risultato è un lavoro coerente e sfaccettato, dove ogni brano ha un’identità precisa ma si inserisce armoniosamente in un insieme compatto. Le storie raccontate da Graziani sono sempre piene di ironia, malinconia e umanità. La sua voce ruvida e sincera guida l’ascoltatore in un viaggio tra personaggi strambi, periferie esistenziali e lampi di poesia quotidiana.

Nove è un album che non ha paura di osare, ma lo fa con mestiere e sensibilità. A riascoltarlo oggi, colpisce la sua freschezza, la pulizia del suono, la profondità di scrittura. È un esempio luminoso di come si possa fare musica d’autore con uno sguardo avanti, senza perdere autenticità.

Un disco ingiustamente trascurato, che merita un posto d’onore nella storia del rock italiano. E un ascolto, possibilmente ad alto volume.


Chi era Ivan Graziani

Ivan Graziani è stato uno dei cantautori più originali e innovativi del panorama musicale italiano. Nato a Teramo nel 1945 e scomparso prematuramente nel 1997, Graziani ha attraversato gli anni ’70 e ’80 con uno stile inconfondibile, capace di fondere rock, canzone d’autore, ironia e poesia. 

Chitarrista di grande talento, autore tagliente e spesso controcorrente, ha saputo raccontare storie di provincia, personaggi ai margini e umanità irregolare, sempre con una voce unica nel nostro panorama musicale. 

Tra i suoi brani più celebri ricordiamo Lugano addio, Firenze (canzone triste), Monnalisa e Signora bionda dei ciliegi. Ma è proprio nei dischi meno celebrati che si scopre l’artista più coraggioso e moderno. Come accade appunto in Nove.

martedì 13 maggio 2025

L’ultimo giorno di un condannato di Victor Hugo

È da poco apparsa sul blog magazine Libri e Parole una mia recensione di uno dei testi più intensi e sconvolgenti della letteratura francese: L’ultimo giorno di un condannato di Victor Hugo.

È un’opera breve ma potentissima, forse non conosciuta come merita, ed è allo stesso tempo un grido contro la pena di morte e una riflessione profonda sull’umanità, la giustizia e la solitudine.


Potete leggerla qui:

martedì 6 maggio 2025

Libri da leggere a maggio

Dimentichiamo, almeno per un momento, le innumerevoli malefatte del "presidente pazzo" Trump (ogni giorno ne commette più d'una, purtroppo) e le troppe guerre che incendiano il nostro pianeta.

Abbiamo bisogno di tregua, di silenzio, di immaginazione. E cosa c'è di meglio di un buon libro può offrirci rifugio, lucidità e magari anche qualche risposta?

Come ogni mese, torna la mia rubrica dedicata ai consigli di lettura, ospitata sul blog magazine Libri e Parole. In questo appuntamento di maggio, vi propongo storie capaci di trasportarci altrove, tra narrativa d’autore, saggistica stimolante e qualche scoperta poco conosciuta che merita attenzione.

Ecco il link per leggere l’articolo completo:

Maggio 2025 – I libri da leggere ora

... E buona lettura, come sempre.


lunedì 5 maggio 2025

Trump, il Papa Jedi del Nulla: propaganda tossica travestita da meme

L’immagine IA di Trump vestito da Papa era già una porcata propagandistica, ma quella successiva — in stile Guerre Stellari, ovviamente in chiave pacchiana, "stile Trump" — supera ogni soglia di idiozia. 

È un delirio iconografico che rivela la pochezza mentale e la pericolosa megalomania di un uomo che ha devastato istituzioni, mentito al suo popolo e seminato odio. 

Queste trovate non sono innocue, badate bene: sono armi di distrazione di massa. Chi le condivide, anche per riderne, gli fa da megafono. Serve lucidità, fermezza e soprattutto un rigetto totale: non sono meme, sono veleno.

Billy Idol – Dream Into It: un ritorno tra nostalgia e mestiere

A ben 10 anni dal suo ultimo album in studio, il mitico Billy Idol torna con Dream Into It, pubblicato il 25 aprile 2025 per Dark Horse Records/BMG. Il disco, prodotto da Tommy English, segna un ritorno alle origini per l'artista britannico, con sonorità che richiamano il suo passato punk e rock, ma senza particolari innovazioni.

L'album si apre con la title track Dream Into It, un brano che introduce un tono malinconico e introspettivo. Segue 77, in collaborazione con Avril Lavigne, che offre una cavalcata pop-punk nostalgica. 

Wildside, con Joan Jett, e John Wayne, con Alison Mosshart, sono tra i brani più intensi, mentre Still Dancing chiude il disco con un omaggio al passato dell'artista.

La copertina dell'album mostra un'immagine che richiama l'estetica degli anni '80, con l'inossidabile Billy in primo piano e colori saturi. 

La registrazione del disco ha visto la partecipazione del fido chitarrista Steve Stevens, collaboratore storico di Idol, e di musicisti come Chris Chaney al basso e Josh Freese alla batteria.

Dream Into It è un album piacevole da ascoltare, confezionato con mestiere e una buona dose di nostalgia. Tuttavia manca di guizzi autentici e rischia di passare inosservato per chi cerca qualcosa di più innovativo.


Tracklist

1. Dream Into It

2. 77 (feat. Avril Lavigne)

3. Too Much Fun

4. John Wayne (feat. Alison Mosshart)

5. Wildside (feat. Joan Jett)

6. People I Love

7. Gimme the Weight

8. I’m Your Hero

9. Still Dancing

domenica 4 maggio 2025

Attacco alla verità: il coraggio del giornalismo d’inchiesta

In tempi bui per la democrazia, quando la menzogna diventa metodo e la paranoia si fa programma politico, Attacco alla verità (Shock and Awe) di Rob Reiner torna ad assumere un significato urgente e attuale. 

Il film, uscito nel 2017, racconta la vera storia dei giornalisti della Knight Ridder, unico grande gruppo editoriale statunitense che, all’indomani dell’11 settembre, osò sfidare la narrativa dominante della Casa Bianca sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Mentre i principali media si accodavano al clima bellicista imposto da Bush e Cheney, Jonathan Landay e Warren Strobel – interpretati con sobria efficacia da un magnifico Woody Harrelson e da James Marsden – scelsero il giornalismo vero: quello che verifica, indaga e mette in discussione.

Questa pellicola, che a suo tempo ricevette un’accoglienza tiepida, merita oggi di essere riscoperta, perché parla direttamente al nostro presente. Oggi, nel 2025, l’America è guidata da un presidente che ha reso sistematica la menzogna, attacca quotidianamente la stampa libera, si fa forte della propria ignoranza e governa con paranoia e impulsi autoritari. Donald Trump – figura che pare uscita da un incubo distopico – non solo nega la realtà, ma cerca di riscriverla, diffamando chiunque osi contraddirlo. In questo contesto, il film diventa un monito necessario: mostra quanto sia fragile la verità in tempi di manipolazione politica, ma anche quanto possa essere potente il coraggio di chi rifiuta di piegarsi.

Rob Reiner dirige con mano sobria e senza retorica, lasciando spazio ai volti, alle parole, ai dubbi e alle intuizioni dei suoi protagonisti. Tommy Lee Jones e Milla Jovovich completano il cast con prove solide, e la sceneggiatura di Joey Hartstone evita l’enfasi patriottica a favore di un racconto asciutto e incisivo. La forza del film sta nel ricordarci che la verità è un bene pubblico da difendere ogni giorno, e che il giornalismo d’inchiesta – oggi più che mai sotto attacco – è uno dei pochi baluardi rimasti contro il declino democratico.

Attacco alla verità non è solo un film sul passato. È una chiamata al presente. E un avvertimento per il futuro.

sabato 3 maggio 2025

Cat Stevens – Saturnight: Live in Tokyo: grinta, emozione e impegno

Ci sono dischi dal vivo che fotografano fedelmente un concerto, e poi ci sono album come Saturnight – Live in Tokyo, capaci di restituire lo spirito, la forza e l’urgenza espressiva di un artista nel suo momento migliore. Registrato nel giugno del 1974 al Nakano Sun Plaza Hall e pubblicato in origine esclusivamente in Giappone come parte di un’iniziativa benefica dell’UNICEF, questo live album, oggi finalmente disponibile in tutto il mondo, è una perla rara nella discografia di Cat Stevens.

Il cantautore britannico è semplicemente in stato di grazia: la voce è calda, potente, vibrante di emozione. Le interpretazioni, lontane dalla placida dolcezza di certe versioni da studio, qui suonano più ruvide, dinamiche, addirittura rabbiose in certi momenti. Si ha la sensazione che Stevens stia cantando ogni brano come se fosse l’ultima volta, mettendoci dentro tutto sé stesso.

Uno dei vertici emotivi del concerto è senza dubbio Where Do the Children Play, eseguita con una forza inaspettata, quasi rabbiosa. Le parole, che parlano di progresso cieco e futuro negato, trovano nella voce dell’autore un canale diretto e potente, amplificato dalla cornice benefica della serata. Non è solo musica, è una presa di posizione civile, un appello accorato che non ha perso nulla della sua attualità.

Il resto della scaletta è un susseguirsi di momenti intensi: Father and Son, The Wind, Morning Has Broken, Moonshadow... Tutti i brani più amati di Stevens sono qui riproposti con arrangiamenti asciutti ma efficaci, in cui ogni nota è al servizio dell’emozione. E quando il concerto si chiude con Peace Train, l’effetto è quello di un abbraccio collettivo, un canto di speranza rivolto a un mondo che sembra sempre troppo lontano dalla pace evocata nel titolo.

Saturnight è un live prezioso, sincero, che merita di essere riscoperto non solo dai fan di lunga data, ma da chiunque voglia ascoltare un artista all’apice della sua ispirazione, capace di trasformare un concerto in un momento di condivisione profonda. Un piccolo miracolo musicale nato in una notte di Tokyo, sotto le stelle di Saturno.


Tracklist – Saturnight: Live in Tokyo

1. Wild World

2. Oh Very Young

3. Sitting

4. Where Do The Children Play?

5. Lady D'Arbanville

6. Another Saturday Night (Sam Cooke)

7. Hard Headed Woman

8. Peace Train

9. Father & Son

10. King Of Trees

11. A Bad Penny

12. Bitterblue



giovedì 1 maggio 2025

Ayrton Senna, campione indimenticabile


Tutti noi, credo, ricordiamo cosa facevamo nel momento in cui si è verificato un determinato evento, positivo o negativo che sia stato. Penso, che so, allo storico allunaggio del luglio 1969, al sequestro Moro, all’attentato a Papa Karol Woytila

Così ricordo bene quando appresi assieme a un amico la notizia della morte, avvenuta trent’anni fa, del grande pilota di Formula 1 Ayrton SennaHo rievocato quel pomeriggio fatale sulle pagine del blog magazine Libri e Parole



Il business della rabbia sui social

C’è un filo nero che attraversa i social, e Facebook più di tutti: la violenza verbale . Ogni giorno assistiamo a una marea di insulti, sar...