Il 21 maggio del 1945, esattamente ottant'anni fa, usciva in Svezia il primo libro dedicato a Pippi Calzelunghe, la bambina più forte del mondo, dalla chioma rossa e le trecce indisciplinate, creata dalla penna di Astrid Lindgren. Un personaggio destinato a entrare nell’immaginario collettivo con la forza di un uragano, capace di ribaltare ruoli, regole e pregiudizi con una risata, una capriola e una logica tutta sua.
Pippi è anarchica, indipendente, generosa. Vive da sola – o quasi, se escludiamo il cavallo a pois e il fedele signor Nilsson – nella casa di Villa Villacolle. Non va a scuola, non ha genitori (il padre è un re dei mari, disperso in qualche isola lontana), e rifiuta con naturalezza le convenzioni borghesi. Ma non è mai sola: attorno a lei si muovono i piccoli Annika e Tommy, che ne diventano complici e ammiratori, e con cui Pippi esplora un mondo capovolto, dove gli adulti sono spesso ridicoli e l'infanzia è uno spazio di libertà autentica.
In Italia, Pippi è diventata celebre soprattutto grazie alla serie TV svedese-tedesca trasmessa dalla RAI a partire dal 1970. Protagonista era la magnetica Inger Nilsson, che con la sua espressività e il suo carisma rese il personaggio immortale per intere generazioni. La serie, doppiata in italiano e accompagnata da una sigla che è entrata nell’orecchio collettivo (“Pippi Pippi Pippi, che nome fa un po’ ridere ma però fa simpatia…”), mescolava ingenuità e trasgressione, avventura e nonsense. Gli episodi erano semplici ma irresistibili, con scenette diventate iconiche: Pippi che solleva cavalli, fa volare torte in faccia ai signorotti del paese o si traveste per confondere gli adulti.
Nonostante la produzione artigianale e l’ingenuità di certi effetti speciali, la serie mantenne intatto lo spirito dei libri: un inno all’infanzia libera, alla fantasia come arma contro la noia del mondo degli adulti. E ancora oggi, rivista a distanza di decenni, conserva un’aura magica, quasi sovversiva.
Festeggiare l'anniversario di Pippi significa tornare a quella scintilla di sfrontata immaginazione che ci ha fatto credere – almeno una volta – che si può vivere secondo le proprie regole, aiutare gli altri senza aspettarsi nulla in cambio, e affrontare il mondo con due calze spaiate e un sorriso disarmante.
In un’epoca in cui l’infanzia è spesso ipercontrollata e programmata, il messaggio di Pippi è più attuale che mai: la vera forza è essere se stessi, con gentilezza, curiosità e un pizzico di follia.
