Pippo Baudo ci ha lasciato ieri, e con lui un pezzo della nostra storia. La sua presenza ha accompagnato le nostre vite fin dall’infanzia, con quella naturalezza che solo i grandi sanno avere: il volto rassicurante delle domeniche in famiglia, delle grandi prime serate, dei Festival di Sanremo che restano incisi nella memoria collettiva.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e di apprezzarne la cordialità e la signorilità: un uomo colto, curioso, appassionato non solo di musica, ma anche di teatro, letteratura, arte. La sua grandezza stava anche nella capacità rara di coniugare “il basso” e “l’alto”, la leggerezza popolare e l’approfondimento culturale, senza mai far percepire stonature.
Fu anche un infallibile talent scout, che lanciò al grande pubblico artisti destinati a lasciare il segno: da Andrea Bocelli a Laura Pausini, da Al Bano a Beppe Grillo, da Heather Parisi a Lorella Cuccarini, da Giorgia a Eros Ramazzotti. Intuizioni felici che raccontano la sua sensibilità e la sua capacità di leggere il futuro.
Negli anni ’80 subì un’accusa velenosa da parte dell’allora presidente Rai Manca, di fare una televisione "nazional-popolare", ma seppe trasformare quella ferita in un motivo di vanto, affrontando la vicenda con la dignità e la tempra che lo contraddistinguevano.