L'album Sting 3.0 Live, registrato nell'autunno del 2024 al The Fillmore di Detroit, durante il tour "Sting 3.0", che vede la rockstar affiancata da una formazione ridotta a trio, si presenta come un'occasione per riascoltare alcuni dei suoi più grandi successi.
Musicalmente i brani sono eseguiti benissimo: la band è precisa, impeccabile, a tratti perfino troppo perfetta. Eppure il risultato finale è sorprendentemente deludente, e la responsabilità ricade proprio su Sting.
L'artista settantatreenne, a dispetto dell'invidiabile forma fisica, appare spesso annoiato, quasi svogliato, come se fosse lui per primo a non credere più nelle canzoni che esegue. La voce, più roca e affaticata del solito, tradisce una stanchezza difficile da ignorare.
È inevitabile pensare che Sting si sia legittimamente stancato di riproporre all'infinito il proprio repertorio, ma il suo distacco emotivo si traduce in uno show freddo, piatto, privo di slancio e passione. Sono molto lontani insomma i fasti dei mitici Police.

