Nel 2016, a 5 anni di distanza dal precedente album So beautiful or so what, Paul Simon, vera e propria leggenda del pop folk, incide un nuovo disco, Stranger to Stranger. Tanti sono gli anni che impiega per realizzare un disco che sprizza energia, passione, divertimento e soprattutto tanta qualità. Non è poco, all’età non più verde dell’artista.
Basta ascoltare il brano che dà il titolo all'album, Stranger to Stranger, una ballata raffinata e di grande eleganza, che conferma certe interessanti somiglianze con Sting (non a caso i due hanno fatto un tour assieme).
A mio modesto parere è il suo disco più bello dopo Graceland: un lavoro all'insegna del suono – con gli strumenti inventati da Harry Partch (il Chromelodeon e la Marimba Eroicae, per esempio – e della ricerca musicale con le amatissime contaminazioni tra World music, pop, folk e sonorità elettroniche.
Il risultato, strepitoso e di grande sostanza, è raggiunto grazie anche al contributo di produttori e arrangiatori d'avanguardia come Roy Halee e Nico Muhly e e di una pletora di musicisti del calibro di Jack DeJohnette e Bobby McFerrin.
A molti artisti, specie in questi tempi di crisi del disco, basterebbe poter vivere di rendita sul glorioso (e lucroso!) passato del periodo folk-pop di Simon & Garfunkel, ma il paffuto Paul non riposa affatto sugli allori, come del resto fa un altro giovincello settantenne, un certo Sir Paul McCartney, che gira ancora il mondo con una band strepitosa e incide dischi nient'affatto di routine.
Già il brano d'apertura, The Werewolf, scandito da potenti percussioni dal suono afro, rende bene lo spirito che pervade l'intero disco. Non a caso, è uno dei brani ai quali ha lavorato il produttore “elettronico” di casa nostra Clap! Clap!, nome d'arte del talentuoso Cristiano Crisci.
Si prosegue in crescendo con Wristband, di nuovo molto ritmato, modernissimo, con basso in grande evidenza e la voce del Nostro a deliziarci come sempre. In a parade stupisce l'ascoltatore con la sua grande verve, una specie di marcetta come suggerisce il titolo, ma in chiave etno, sempre molto ritmata. Proof of Love è una ballata dall'incedere molto particolare, quasi solenne, con inaspettati cori quasi gospel: a dir poco incantevole.
Cool Papa Bell è un brano molto piacevole e fresco, che proprio non diresti composto da un signore che a ottobre soffierà sulla settantacinquesima candelina. A questo punto non possiamo più stupirci dell'energia che pulsa in The Riverbank, mentre veleggiamo purtroppo verso la fine del disco. Disco che si conclude con il brano Insomniac's Lullaby, sorta di commosso omaggio al tempo che fu, una ballata vecchia maniera di grande bellezza e apparente semplicità, quasi un regalo ai fan di Simon & Garfunkel. E qui ci sfugge una lacrimuccia nostalgica…
Non mancano brevi inserti sonori sempre all'insegna del ritmo tra una canzone e l'altra, e anche in questo l'artista rivela la sua voglia inesausta di spiazzare.
Concludo questa recensione con le parole di Paul Simon, che illustrano bene il suo approccio alla musica: “Il suono è l’oggetto di questo album, e ne caratterizza ogni singola canzone. Se la gente lo avvertirà, sarò contento. La giusta canzone al momento giusto può vivere per generazioni: un bel suono, beh, è per sempre”.
Tracklist:
1. The Werewolf
2. Wristband
3. The Clock
4. Street Angel
5. Stranger to Stranger
6. In a Parade
7. Proof of Love
8. In the Garden of Edie
9. The Riverbank
10. Cool Papa Bell
11. Insomniac’s Lullaby
Voto: 5
Aspetti positivi: disco di grande qualità, con suoni e arrangiamenti piacevolmente spiazzanti
Aspetti negativi: non pervenuti!