Ma davvero qualcuno crede che complicare l’accesso a un sito lo renda più sicuro? Ogni volta è una maratona digitale: password con lettere maiuscole, minuscole, numeri, geroglifici egizi, doppio codice via mail, riconoscimento facciale, verifica tramite DNA e infine il test più crudele — “clicca su tutte le immagini con i semafori” (che, ovviamente, non esistono).
Alla fine, più che proteggere i nostri dati, sembra vogliano proteggerci dall’entrare. E il risultato è che l’utente medio, esasperato, rinuncia del tutto.
Missione compiuta, cari paladini della “user experience”.
