Sgangherato, folle, assolutamente improbabile – eppure irresistibile. The Blues Brothers, diretto da John Landis e uscito nel 1980, è uno di quei film che sfidano ogni logica narrativa eppure riescono a diventare culto, entrando nel cuore degli spettatori con la forza della musica, del nonsense e di due personaggi memorabili.
Jake ed Elwood Blues (John Belushi e Dan Aykroyd) sono due fratelli in missione per conto di Dio. Letteralmente. Uscito di prigione, Jake viene convinto da Elwood a riformare la vecchia band per salvare l’orfanotrofio in cui sono cresciuti. Parte così un viaggio surreale, costellato da inseguimenti impossibili, suore volanti, milizie naziste, country band vendicative e centinaia di volanti della polizia distrutte. Ma ogni tappa è anche un pretesto per una performance musicale da antologia.
La colonna sonora, vero cuore pulsante del film, è un omaggio sfrenato alla musica soul, blues e R&B americana. Aretha Franklin, Ray Charles, James Brown, Cab Calloway – la lista dei musicisti coinvolti è un pantheon del genere. Ogni brano è inserito con intelligenza e ironia nella trama, trasformando il film in una sorta di musical anarchico, in cui l’assurdo si sposa con il groove.
A rendere indimenticabili i Blues Brothers sono anche le loro giacche nere, gli occhiali scuri perennemente calati sul naso, il tono impassibile con cui affrontano qualsiasi catastrofe. La comicità è surreale, slapstick, a volte infantile, ma sempre coerente con l’universo delirante del film.
The Blues Brothers non pretende di essere realistico, né coerente: è una celebrazione dell’eccesso e del ritmo, una dichiarazione d’amore alla musica afroamericana travestita da commedia demenziale. E riesce, ancora oggi, a divertire e coinvolgere, regalando un’energia contagiosa.
Un film da rivedere – magari a tutto volume.