Nel 2004, Philip Roth pubblicava Il complotto contro l'America, un romanzo distopico che immaginava un'America alternativa, in cui l'aviatore e noto simpatizzante nazista Charles Lindbergh veniva eletto presidente, portando il paese verso un progressivo scivolamento nell'antisemitismo e nell'autoritarismo. Quella che solo qualche anno fa poteva sembrare una provocazione letteraria o un cupo esercizio di immaginazione, oggi appare come una lettura sinistramente profetica alla luce delle prime, sciagurate mosse del neo presidente eletto Donald Trump.
Il parallelo tra il Lindbergh di Roth e l'attuale inquilino della Casa Bianca non è forzato: entrambi incarnano una retorica populista, demagogica e nazionalista, puntano il dito contro le minoranze, fomentano divisioni sociali e mettono in discussione i fondamenti democratici degli Stati Uniti. Nel romanzo, l'America di Lindbergh scivola progressivamente verso un regime di discriminazione sistematica e repressione del dissenso, un pericolo che oggi non è più relegato alla sola narrativa.
Le prime, deliranti dichiarazioni e azioni di Trump confermano i timori di chi vede in lui un pericolo per l'ordine democratico mondiale. La retorica aggressiva contro gli immigrati, il disprezzo per la stampa, l'insofferenza verso le istituzioni e il disinteresse per le alleanze internazionali sono segnali allarmanti di un'involuzione che potrebbe avere conseguenze devastanti, non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l'Europa e il resto del mondo. Come Roth descrive nel suo romanzo, l'isolazionismo, il culto della personalità e la semplificazione populista di problemi complessi sono gli ingredienti di una ricetta politica pericolosa e destabilizzante.
Una delle intuizioni più inquietanti di Roth è la progressiva normalizzazione del male: il protagonista, un giovane Philip Roth immaginario, osserva con sgomento come la sua famiglia e la sua comunità vengano lentamente erose da una nuova normalità fatta di paura e conformismo. Anche oggi, la capacità di assuefazione dell'opinione pubblica alle provocazioni e agli abusi di potere di Trump è un segnale che non possiamo permetterci di ignorare.
La rielezione di Trump mina alle basi i concetti stessi di legalità, onestà e senso dello Stato: l'unico, vero motivo che ha spinto Trump a cercare con tutte le sue forze la rielezione è stato evitare il carcere.
Il romanzo di Roth ci ricorda che la democrazia è fragile e che basta poco per incrinarne i principi fondamentali. Il rischio di un'America che si allontana dai suoi ideali fondativi di libertà e uguaglianza non è mai stato così reale. Sta a noi, come cittadini consapevoli, restare vigili e impegnati per evitare che la distopia di Roth diventi la nostra realtà.
