Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese si presentava come un’opera ambiziosa, pronta a esplorare una tragica pagina della storia americana. Purtroppo il risultato finale si rivela essere un’opera eccessivamente lunga e narrativamente dispersiva, incapace di mantenere l’attenzione dello spettatore per le sue quasi quattro ore di durata. A dire il vero già dalle prime scene lo spettatore arranca, nel tentativo di farsi catturare dalla trama.
Il film cerca di trattare temi importanti come il razzismo e la corruzione, ma lo fa in modo freddo e distaccato, senza mai davvero scavare a fondo nei sentimenti dei personaggi o nei meccanismi sociali e culturali del tempo. La sceneggiatura, basata sul libro di David Grann, risulta spesso frammentata, alternando momenti di grande impatto a lunghe sequenze lente e prive di mordente. Scorsese, solitamente maestro nel gestire il ritmo, qui sembra perdersi, dilatando all'inverosimile scene che avrebbero potuto essere risolte con maggiore sintesi ed efficacia.
Leonardo DiCaprio e Robert De Niro offrono interpretazioni che, sebbene solide, sembrano già viste. DiCaprio, in particolare, ripropone lo stesso tipo di personaggio tormentato e ambiguo che ha interpretato più volte sotto la direzione di Scorsese, senza portare nulla di nuovo al suo repertorio. La loro dinamica appare scontata, priva di quella tensione emotiva che ci si aspetterebbe da due attori di questo calibro.
Inoltre, nonostante la presenza di Lily Gladstone, che regala forse la performance più sincera del film, il ruolo dei nativi americani sembra marginalizzato. In una storia che dovrebbe parlare di oppressione e ingiustizia, i personaggi indigeni rimangono figure passive, quasi degli spettatori nel loro stesso dramma, e ciò risulta frustrante.
La fotografia è impeccabile e il film è sicuramente un’opera visivamente affascinante, ma la bellezza estetica non è sufficiente a compensare una narrazione che si trascina, priva della tensione necessaria per mantenere viva l’attenzione.
Killers of the Flower Moon sembra perdersi nella sua stessa ambizione, offrendo un’opera che, pur con sprazzi di genialità, risulta alla fine troppo sterile e prolissa per lasciare davvero il segno.
