Finalmente una notizia rassicurante dagli Stati Uniti: il problema dei problemi è stato individuato. No, non l’economia, non le guerre, non il clima. Il vero nemico della civiltà occidentale si chiamava Calibri. Un font.
Dopo anni di resistenza silenziosa, l’amministrazione Trump, per mano dell'ineffabile Segretario di Stato Marco Rubio, ha avuto il coraggio che mancava: estirpare il carattere tipografico sospettato di essere woke, troppo moderno, leggibile e – orrore degli orrori – vergognosamente attento verso chi fa fatica a leggere. Un attentato all’ordine naturale delle cose. Come osi aiutare le persone, Calibri?
Per fortuna torna lui, il salvatore: Times New Roman, austero, compassato, con quell’aria da verbale notarile del 1934. Il font perfetto per un’idea di Stato che considera il passato non una lezione, ma un rifugio. Altro che progressismo: qui si restaurano le grazie, si lucidano le serif, si raddrizza la morale a colpi di impaginazione.
È la nuova frontiera della politica trumpiana: la guerra culturale combattuta a corpo a corpo con Word. Oggi si caccia un font woke, domani magari si abolirà l’interlinea troppo morbida o si metteranno al bando i margini generosi, notoriamente sovversivi. Il messaggio è chiarissimo: se non sai governare il mondo, almeno governa i caratteri.
Se la realtà è complessa, semplifichiamola in dodici punti, giustificati, con un bel ritorno all’ordine tipografico. E così, mentre il pianeta vacilla, Washington si congratula con se stessa: missione compiuta. Il Times New Roman è tornato. L’America è salva.








